Weather Report

Quelli meno giovani, con una speciale passione per le prime radio libere, si ricorderanno senz'altro della sigla che, ogni santo giorno, intervallava le trasmissioni di Radio Popolare. Era l'attacco di un brano – Black Market – che da anche al titolo al disco del 1976 dei Weather Report.
Già, ma chi erano i Weather Report? Innanzitutto parte del loro successo si deve a Miles Davis, o meglio alla svolta elettrica di Miles che fece inferocire, all'inizio, molti puristi ma che, poi, rappresentò il punto d'inizio di una nuova frontiera del jazz. In effetti il gruppo Weather Report nacque come spin off di un gruppo di musicisti intorno a Miles Davis e fu protagonista dal 1970 al 1986, quando Jaco Pastorius abbandonò il gruppo un anno prima della sua scomparsa. La musica di Weather Report viene classificata in molti modi: c'è chi parla di fusion, chi di rock jazz o jazz rock ma queste distinzioni non sono così importanti. È importante invece segnalare come la loro musica sia caratterizzata da un'accentuata elettrificazione, dell'introduzione del sintetizzatore e di una sezione ritmica davvero potente. Torniamo al disco Black Market. Se l'ho scelto, tra l'ampia discografia del gruppo, è perché qui troviamo un miscuglio di suoni, di atmosfere e di passaggi musicali che danno davvero l'idea di trovarci nel bel mezzo della musica del mondo. Intanto la copertina del disco è meravigliosa: è bella artisticamente ma è soprattutto evocativa della musica che poi si ascolta. Davvero guardando la copertina e ascoltando la musica vieni proiettato in un mondo fatto di suoni, di sguardi e di odori che rimandano alla vita nelle strade, nei mercati, alle persone che si parlano. Ci sono pezzi languidi, pezzi aggressivi, con una sezione ritmica che da l'idea dell'abbondanza del reparto, funzionale a cogliere tutte le sfumature dell'atmosfera che si vuole ricreare. E c'è, oltre a tutto questo, la bravura dei musicisti e ti fai l'idea che questo progetto rappresenta plasticamente quella multiculturalità musicale che io credo fosse il vero obiettivo di Joe Zawinul, austriaco e Wayne Shorter, americano, il nucleo stabile del gruppo. Se posso dare un ulteriore consiglio a chi ascolterà questo disco, non è musica da sentire sottovoce. Se si volesse poi approfondire l'ascolto dei Weather Report, un altro album consigliato è I Sing the Body Electric, del 1972, che rappresenta la prima fase più sperimentale del gruppo, quella agli esordi. Il titolo dell'album fa riferimento al titolo di un libro di racconti di Ray Bradbury che, a sua volta, prendeva le mosse da una poesia di Walt Whitman.
Weather Report
Joe Zawinul (1932-2007) tastiere
Wayne Shorter (1933-2023) sax
Alphonso Johnson (1951) Basso Elettrico
Jaco Pastorius (1951-1987) Basso Elettrico
Narada Michael Walden (1952) Batteria
ChesterThompson (1948) Batteria
Alejandro Neciosup Acuna (1944) Percussioni
Don Alias (1939-2006) Percussioni
Black Market (17 aprile 1976) (Columbia Records) 37 min
https://youtube.com/playlist?list=PLD9WLinkyEmgWYwKmtK9zCwYuAq6EA3AA&feature=shared
I Sing the Body Electric (luglio 1972) (Columbia Records) 47 min
