Prosa e poesia, suoni e ritmi 5

19.03.2025

Prosa: procedere, proseguire, processo, progresso: andiamo avanti trionfalmente (fino al primo ostacolo). E la prosa non vien meno alle direttive di famiglia, anch'essa avanza, procede… fino al margine del foglio.

L'antenato comune di queste tenaci parole, che seguono la diritta via, è, come dice la neo centenaria Treccani, prosus, forma arcaica di prorsus. Il femminile si rende necessario per l'accostamento a oratio (orationis), discorso; quindi "discorso che procede per tutta la riga". L'oratio prosa, col tempo è diventata semplicemente: prosa.

 Prosaico: ha connotazione negativa, relativamente allo stile: grezzo, grossolano, piatto, scadente, dimesso, disadorno. In senso figurato: privo di poeticità, idealità, spiritualità; un uomo prosaico, mediocre, pedestre, materiale, meschino, volgare. La variante prosastico, rara, significa scritto in prosa, ma è anche sinonimo di prosaico con accezione negativa.


Poesia: Niente da fare! Discendenti ne abbiamo trovati, poeta, poetare, poema, ma sembra una trovatella, priva di antenati. Per scalare il suo albero genealogico dobbiamo rivolgerci sempre alla veneranda Treccani, signora del lessico.

Dal latino pŏēsis, a sua volta derivato dal greco ποίησις, poiesis derivato di ποιέω poien «fare, produrre». Questa nobile arte ha nel blasone il lavoro, l'abilità professionale, la padronanza di una tecnica che consente di "produrre composizioni verbali in versi, cioè secondo determinate leggi metriche, o secondo altri tipi di restrizione". Dove si parrà la sua nobilitate? Nella ricerca della rima, nella sillabazione e nell'accentazione dei versi, alla ricerca del ritmo e della musicalità, ma non solo, come vedremo.

Verso: è la "frase" della poesia, ha una sua particolare struttura sillabica e ritmica, si conclude con una pausa graficamente espressa da un "a capo", insomma, per prender fiato si volta e se ne va nel rigo sottostante. Dal latino vertĕre, voltare, participio passato versus.

Rima: Forse derivata dal latino rhythmus a sua volta proveniente dal greco rhythmos. Tutti sappiamo cos'è, due parole che terminano con lo stesso suono: cuore/amore, ma anche dolore.

Nella scrittura in prosa queste parole vengono accuratamente evitate, la rima è imbarazzante. In poesia invece la rima viene addirittura evidenziata fissando la sua collocazione alla fine del verso.

In poesia si fa largo uso di parole simili nel suono quali rime, assonanze, consonanze, allitterazioni.

Assonanza: è una "falsa rima", si ha quando le ultime sillabe di due parole hanno vocali uguali, ma consonanti diverse. Pane/ Care.

Consonanza: si ottiene quando due parole hanno diverse vocali, ma uguali consonanti.

travaglio/abbaglia/meraviglia/ muraglia/bottiglia (Montale, Meriggiare pallido e assorto)

Allitterazione: ripetizione di suoni simili, 

Il pietoso pastor pianse al suo pianto (Torquato Tasso, Gerusalemme Liberata, VII, 16)

Insomma la prosa affida la sua chiarezza alla differenza fonetica, rifugge dalle somiglianze, la poesia (e la pubblicità) le ricerca. Anche il metro (stesso numero di sillabe per ogni verso) e il ritmo (distribuzione degli accenti) che conferiscono ripetitività sonora al testo, sono elementi discordanti rispetto alla prosa, questa ha frasi di diversa lunghezza fra di loro ed evita il "cantilenare" che è proprio del verso.

E allora che differenza c'è fra prosa e poesia? In prima battuta, un po' grossolanamente, potremmo dire: la stessa che c'è fra parlare e cantare.

[La poesia] È una musica che si sente quando la leggi. (Alessia, III elem.)

Sempre caro mi fu quest'ermo colle,

e questa siepe, che da tanta parte

dell'ultimo orizzonte il guardo esclude.

Questo ermo colle mi fu sempre caro,

e questa siepe che esclude

da tanta parte il guardo dell'ultimo orizzonte.

 La diversa collocazione delle parole fa perdere l'accentazione e quindi il ritmo e la musicalità. Il messaggio è lo stesso, detto con le stesse parole, ma non è più poesia, è divenuto prosa.

La poesia dunque non sta nel cosa dice, ma  nel come lo dice. La poesia è invenzione verbale,  rottura delle regole, accostamenti audaci fra le parole. I contenuti  in sè non hanno un valore poetico, dipendono dalle inusuali combinazioni di parole. Qui sta l'originalità del poeta, non nelle cose nuove, ma nel modo di presentare in modo nuovo quelle vecchie.

Il linguaggio poetico dunque si oppone alla prosa, è rispetto a questa uno "scarto", ossia una deviazione, ma una deviazione voluta, codificata, un errore con un valore estetico. 

La poesia ha un suo linguaggio, anche gli scrittori a volte sono molto strani. (Luca, V elem.)

Per me la poesia è qualcosa di diverso da ciò che si scrive di solito. (Anonimo, III media)

Lo sanno anche i bambini.

Quanto detto sopra si riferisce all'aspetto fonetico del linguaggio poetico, al suono, alla musicalità. Ma c'è dell'altro, lo vedremo. Alla prossima.

Fonti

Il labotatorio di poesia, Grazia Tanzi, La Scuola

Struttura del linguaggio poetico, Jean Cohen, Il Mulino

(Continua)