Per i "grandi" la poesia cos'è? 1

Alcune riflessioni raccolte, un po' al volo, fra gli amici, quasi "estorte" in qualche caso. Molto stimolanti e rivelatrici. Per ora mi limito semplicemente a riportarle, sperando che questi pensieri sollecitino qualcun altro ad sprimersi, ma non finisce qui, perché davvero sono stati toccati temi di grande interesse che meritano di essere approfonditi. Ci sono anche delle segnalazioni importanti, che non possono essere ignorate.
Ho riportato le poesie segnalate quando erano meno note o perché parte integrante del messaggio. Le altre saranno lette ed analizzate nei prossimi giorni con la dovuta attenzione, ma non come si fa a scuola, questo è certo!
Grazie davvero di cuore dei vostri sinceri e preziosi contributi.
BERARDO
Il mio rapporto con la poesia negli anni ha navigato tra due diversi sentimenti: l'attrazione e la repulsione. Da una parte sono sempre stato attratto ed affascinato dalla possibilità che con poche frasi, poche parole si possono esprimere dei concetti molto profondi ed importanti che ti penetrano nel profondo.Dall'altra parte una leggera repulsione generata dal timore di non riuscire a penetrare fino in fondo ciò che il poeta volesse esprimere e quindi rimanere di fronte alle parole spaesato.Tra questi due sentimenti nel tempo è prevalso il secondo e così non ne ho letti tanti di libri di poesie. Posso dire che tra le tante ( non tantissime) lette due in particolare mi sono rimaste nella mente: L'infinito di Leopardi e Soldati di Ungaretti.

ANTO
Premetto che non amo particolarmente il genere, preferisco decisamente la prosa. Detto questo, più si va avanti nei secoli, meno apprezzo i poeti, faccio fatica ad analizzare i significati e non riesco, per così dire, a immedesimarmi. Rimanendo sui classici a partire dall'Ottocento, adoro Leopardi e Montale e non amo né Carducci, né Gozzano. La mia poesia preferita potrebbe essere Ho sceso dandoti il braccio..., per me è una delle più belle dichiarazioni d'amore mai scritte.

LUIGI
1. La fontana malata Una fontana tubercolotica sembra stia per esalare l'ultimo respiro e lo fa attraverso una serie incessante di onomatopee che poco hanno a che vedere con il ben più "classico" pascoliano τοροτοροτοροτοροτοτίξ (sic) di derivazione aristofanea, il quale si configura come pregevole appropriazione e non come caricatura poetica.
2. Lasciatemi divertire Un poeta incompreso decide di rendersi incomprensibile, squalificando sé stesso e la propria opera, in un climax di apparente nonsenso, ma che un senso ce l'ha eccome: è critica verso la... critica letteraria che non aveva i mezzi per analizzare una letteratura che si faceva più ermetica del dovuto, la quale ha dato vita alla pressoché infinita sequela di ismi che hanno costellato il Novecento.
Credo che "La fontana malata" fosse nella mia antologia delle elementari, mentre "E lasciatemi divertire" in quella delle medie; la prima forse come scherzo esemplificativo delle onomatopee, mentre la seconda come esempio di letteratura d'avanguardia. Eppure Palazzeschi (al secolo Aldo Giurlani) non fu mai un vero avanguardista. Sebbene avesse aderito al movimento futurista, non partecipò mai completamente dell'entusiasmo del gruppo che vedeva nella guerra la "sola igiene del mondo", e pertanto la sua fede pacifista, contrapposta all'interventismo cieco di Marinetti e compagnia, fece sì che ne prendesse presto le distanze.
Al di là di questo encomiabile aspetto, Giurlani per me è radicalmente collegato a un "giullare", un pagliaccio. Quello spirito toscano così goliardico e mordace, scherzoso sino a essere intollerabile, a far male a chi ne è fatto oggetto, in lui è sublimato, raggiungendo un fenomenale eccesso ne "Il controdolore".
Eccesso che anche in queste due poesie raggiunge l'acme: abuso di mezzi espressivi.

SERGIO
Il mio rapporto con la poesia è da sempre conflittuale. Nonostante abbia passato i sessant'anni e letto un bel po' di libri faccio ancora una grande fatica ad affrontare la poesia, soprattutto la poesia contemporanea, quella del cosiddetto verso libero. Pur avendo letto numerosi testi di critica, più o meno autorevole, che tentavano di spiegare cosa fosse la poesia, nessuno mi ha convinto. Più che certezze, mi fanno sorgere ancora più domande. Cosa differenzia una poesia di Franco Arminio da una di Mario Luzi? O i versi di Chandra Candiani da quelli di Giorgio Caproni? O la poesia del mio vicino di casa da una poesia di Ungaretti? Chi certifica lo status di poeta? Esistono delle regole per giudicare una poesia o è sufficiente l'emotività o un romantico senso della bellezza, o un estetico uso della parola? Perché una frase come "Illumino spesso gli altri ma io rimango sempre al buio" scritta da Alda Merini diventa poesia e la stessa frase detta da un comico di Zelig fa ridere? E poi cos'è che differenzia il poetico dalla poesia? Un bel tramonto è poetico o è pura poesia? Ed è giusto premiare un cantante con il premio Nobel perché definito poeta? Perché poeta e non cantante? …e lasciamo perdere i trovatori e tutta la retorica giustificativa per dire che "Le bionde trecce, gli occhi azzurri e poi…" hanno lo stesso valore di "Le donne, i cavalier, l'arme, gli amori.." Dalla forma chiusa, con le rime, il ritmo, la lunghezza dei versi, le allitterazioni, gli anacoluti, le metafore si è passati al verso libero, e ad andare a capo di tanto in tanto, a caso, spesso con una punteggiatura buttata lì come si buttano le granaglie alle galline fino ad arrivare a quello che ora va di moda sotto il nome di prosa poetica o poesia in prosa che confonde ancor più le acque. E' prosa o poesia. Capisco che viviamo in un mondo fluido, ma se alla fine tutto è poesia più nulla è poesia. Continuo a non capire, continuo a non orientarmi, continuo a sentirmi preso in giro dai poeti, dai troppi poeti…forse aveva ragione il cantante Francesco De Gregori quando diceva "…i poeti che brutte creature, ogni volta che parlano è una truffa"… ovviamente generalizzare non va mai bene, ma le mie perplessità rimangono

EMANUELE
Posso dire di non essere un gran fruitore di poesie e il vantaggio che ne ricevo allora è quello di potermi meravigliare ogni volta che ne incontro una bella ma che non conoscevo. Sono convinto che la poesia sia la più alta forma di autobiografia. Tuttavia troppi "poeti" ritengono di avere qualcosa di molto interessante da mettere in versi, ma che alla fine della fiera non trova riscontro nel gradimento dei lettori. Non è un caso che molte poesie vengano autopubblicate finendo per ingrossare il mercato della vanity press.
Tra le mie poesie preferite, questo estratto da Toni di grigio a Philipsburg di Richard Hugo:
Puoi venire qui domenica, per capriccio;
puoi dire che sei a pezzi, che l'ultimo vero bacio
che hai dato è roba di anni fa. Puoi superare
queste strade tracciate da dei pazzi, gli ex-hotel
che non ce l'hanno fatta, i bar che invece sì,
e il dannarsi dei guidatori locali
per accelerare le proprie vite.
Solo le chiese vengono mantenute. La prigione
quest'anno ne compie settanta. L'unico prigioniero
è sempre dentro, e non sa perchè.

Amo la grande ironia e la grandissima cultura di Michele Mari nelle sue Cento poesie d'amore a Ladyhawke
Mi incanto ogni volta su Ho sceso, dandoti il braccio, almeno un milione di scale di Montale.
Ho sentito una frustata ascoltando dalla voce di Ilaria Palomba, tormentata dai suoi demoni interiori. Questa si, autobiografia al massimo livello.
Io sono abitata da diecimila
demoni di diecimila mondi
di diecimila parti di me e di
te. Rebis. Vecchia come la
terra, giovane come l'aria,
nata ora dal tuono, la mente
perfetta. Demone, reticolo di
di vite - mie tue - incrociano,
scindono il fuoco. Rito,
nella mente estroflessa
della mia feconda infecondità,
intrappolata nell'ossessione
di aver lasciato una parte
a ogni uomo, di aver ceduto
la morte di ogni parte all'uomo
che è donna. Primordiale caos
senza uscita, trappola mortale,
dieci anni nello specchio. Ti
ho odiato, non hai saputo
proteggermi. Avrei potuto
distruggerti, se lei avesse
voluto oltrepassarmi. Dimmi
ora chi è quella donna che
mi guarda nello specchio,
che non mi somiglia ma ti
somiglia, che non m'inganna
ma t'inganna, illusa di uscirne
Rifiuta l'amore per ancorarsi a
un pensiero che non vuole finire.
Rivendico tutto sotto il mio dominio.
Riprendo le parti smarrite.
La stanza è una foresta, tu ridi di
tutto, io di nulla. Alterati, smascherati.
Siamo noi, ora, oltre la terra, nel rito
del tuono. Torniamo all'aurora,
nel cielo marmoreo, torniamo
nel ventre. Schiudiamo diecimila
demoni, li attraversiamo
nella carne. Nessuna prigione.
Trascorre l'ombra, i demoni
si sfaldano in angeli.
DANIELA
Per me la Poesia. è un patchwork emotivo è come lo schizzo multicolore di un pittore sul cavalletto è l'inesprimibile che abbiamo dentro e che imprigioniamo in parole. Non amo le rime ne' il Pascoli o Carducci adoro i lirici greci Ungaretti e Montale. Vorrei segnalare Fine dell'infanzia di Montale nella raccolta Meriggi ed ombre. È un po' lunga e non molto segnalata, io l'ho trovata bellissima, struggente.

CLARA
A differenza di Emanuele e Berardo ho sempre amato le brevi righe con gli a capo come pensieri che si snodano in volute e fanno salti e ci sfidano a seguirli per sentieri insicuri. Altre volte entrano prepotenti da una porta sul retro dimenticata socchiusa.
Mi piace iniziare la giornata con la sorpresa di una voce che esce da una pagina aperta a caso.
Qualcosa se n'è andato.
La mia capsula di sonnifero, il mio zeppelin rosso e blu
mi precipita da un'altezza spaventosa.
Col guscio fracassato
mi offro distesa al becco degli uccelli.
Una strofa da Il Carceriere di Sylvia Plath 17 ottobre 1962

ALESSANDRA
Sei ancora quello della pietra e della fionda,
uomo del mio tempo. Eri nella carlinga,
con le ali maligne, le meridiane di morte,
t'ho visto – dentro il carro di fuoco, alle forche,
alle ruote di tortura. T'ho visto: eri tu,
con la tua scienza esatta persuasa allo sterminio,
senza amore, senza Cristo. Hai ucciso ancora,
come sempre, come uccisero i padri, come uccisero
gli animali che ti videro per la prima volta.
E questo sangue odora come nel giorno
Quando il fratello disse all'altro fratello:
«Andiamo ai campi». E quell'eco fredda, tenace,
è giunta fino a te, dentro la tua giornata.
Dimenticate, o figli, le nuvole di sangue
Salite dalla terra, dimenticate i padri:
le loro tombe affondano nella cenere,
gli uccelli neri, il vento, coprono il loro cuore.
I versi di Salvatore Quasimodo risuonano oggi più vivi che mai.

GIUSEPPINA
Per me la poesia ha il suo fascino,non solo emotivamente parlando ma anche nella metrica ricercata.... adoro,come molti, Leopardi...cosa si può dire dell'Infinito!? Ma anche il Sabato del villaggio...ho apprezzato molto anche La nebbia agli irti colli di Carducci perché a mio avviso riesce a farti assaporare atmosfere e sensazioni d'altri tempi.
