Per amore degli alberi
Nel XV secolo, la regione intorno a Jodhpur, nel Rajasthan, fu colpita da una grave siccità. Nel 1485, un uomo di nome Jambeshwar, all'età di 34 anni, fece un sogno che gli rivelò che la mancanza d'acqua era legata alla intromissione dell'uomo nell'ordine della natura.

Jambeshwar, in seguito noto come Guru Jambhoji, fondò una comunità e stabilì che i suoi membri dovessero rispettare ventinove precetti. Proprio per questo i suoi seguaci si dettero il nome di Bishnoi, che significa ventinove. I precetti, tutti in qualche modo legati al rispetto e alla protezione della natura, vietano di uccidere gli animali, abbattere gli alberi e usarne la legna per le pire funerarie. I Bishnoi quindi, a differenza degli altri induisti, seppelliscono i loro morti invece di bruciarli. Altri comandamenti impongono di fare un bagno ogni mattina prima del sorgere del sole, di astenersi dall'alcol e dalle droghe, di evitare polemiche inutili, di non mentire e di essere sinceramente misericordiosi. I Bishnoi sono rigorosamente vegetariani. Il ventinovesimo comandamento prescrive di non indossare vestiti di colore blu in quanto tale colore era ricavato dalla pianta dell'indaco. Oggi la comunità Bishnoi conta circa un milione e mezzo di adepti che vivono specialmente nello stato indiano del Rajasthan e, in minor numero, in quello dell'Haryana. I Bishnoi sono gli ambientalisti più radicali del mondo. Essi ritengono che tutti gli animali siano sacri, in particolare il sasin o antilope cervicapra, una specie di antilope asiatica a rischio di estinzione. Talvolta ne seppelliscono gli esemplari morti e segnano il luogo con pietre; si dice anche che le loro donne allattino i piccoli di antilope rimasti orfani. I Bishnoi credono che, dopo la morte, si reincarneranno in una antilope. Inoltre, hanno una lunga tradizione di salvaguardia del khejri (Prosopis cineraria), un albero da loro ritenuto sacro.

Festa religiosa dei Bishnoi. Il fuoco sacro è alimentato con gusci di noci di cocco
Alla difesa del khejri è legato un sanguinoso avvenimento che segna la storia del Bishnoi. Martedì 12 settembre 1730 il maharaja di Jodhpur, avendo bisogno di legno per costruire un nuovo palazzo, mandò dei suoi soldati a tagliare alberi nel villaggio di Jehnad, che prese poi il nome di Khejarli, dal nome dell'albero sacro. Una donna, Amrita Devi, abbracciò uno degli alberi di khejri che doveva essere abbattuto. Pare dicesse: "Se si salva un albero, anche a costo della propria testa, ne vale la pena". Un boscaiolo la decapitò con la sua ascia. Altri Bishnoi seguirono l'esempio della donna e si consegnarono ai taglialegna: furono uccise 363 persone. Il maharaja, saputo della carneficina, decise di proteggere la zona intorno ai villaggi bishnoi, vietando l'abbattimento di alberi e la caccia di frodo. Oggi il sito di Khejarli è un pacifico boschetto di khejri, con un tempio e un cenotafio che commemorano il sacrificio.

Il cenotafio ai martiri di Khejarli
I Bishnoi continuano ancora oggi a vivere secondo il loro severo codice etico, difendendo la flora e la fauna locali. Nel 1996 un abitante di un villaggio della zona, Nihal Chand Bishnoi, fu ucciso da un cacciatore di frodo nei pressi di Bikaner mentre cercava di salvare la vita ad alcune antilopi. Nell'ottobre 1998 l'attore di Bollywood, Salman Khan, fu arrestato per aver ucciso due antilopi cervicapra vicino a un villaggio bishnoi. Le autorità furono informate dell'accaduto dagli abitanti dei villaggi, i quali misero in fuga Khan e presentarono i corpi delle antilopi come prova. Khan, infine, comparve davanti al tribunale e, tra appelli e udienze per la determinazione della cauzione, trascorse brevi periodi in carcere tra il 2006 e il 2007, prima che il caso finisse nel buco nero della burocrazia. Secondo i Bishnoi, il risalto dato all'accaduto ha contribuito a diminuire l'attività dei cacciatori di frodo. Oggi, circa il 90% delle antilopi cervicapra vive sotto la protezione dei Bishnoi. Anche ai nostri giorni si sono verificati episodi simili, anche se fortunatamente non altrettanto tragici, di quelli di cui furono protagonisti Amrita Devi e i suoi correligionari. Per due anni, dal 10 dicembre 1997 al 18 dicembre 1999, l'attivista ambientale Julia Hill ha vissuto sospesa tra i rami di una sequoia gigante, battezzata affettuosamente «Luna». Fu un atto di disobbedienza civile, per salvare una foresta millenaria della California dall'abbattimento. Allo stesso modo l'australiana Miranda Gibson ha trascorso 449 giorni consecutivi su un albero in Tasmania, ottenendo l'estensione di centosettantamila ettari dell'area protetta dall'Unesco come Patrimonio Mondiale dell'Umanità. A queste coraggiose baronesse rampanti va tutta la mia ammirazione.