Michel Petrucciani

04.04.2025

Quando sentiamo dire, di chi ci ha lasciati, "ha vissuto proprio una vita piena", a cosa pensiamo? Difficile spiegare con le parole. È più facile, almeno per me, avere davanti un esempio, in carne ed ossa, per rappresentare questo sentimento. A me viene da pensare ad un musicista, Michel Petrucciani. Se avete voglia di conoscere più da vicino questo gigante (absit iniuria verbis) del jazz il modo più immediato è la visione del film/documentario del 2001, Body and Soul, del regista Michael Radford, quello de Il Postino. La famiglia di Michel era una famiglia di musicisti e, in particolare, il padre Tony era un discreto chitarrista jazz. Michel nacque nel 1962 ed era affetto da una malattia genetica, l'osteogenesi imperfetta, che pregiudicò sin dall'inizio la sua vita, nello sviluppo della persona (la sua altezza era di 102 cm) e nella fragilità ossea che lo costrinse molto presto su una sedia a rotelle.

Se andate a rivedere i filmati che lo riguardano, troverete molto spesso scene esilaranti e toccanti di colleghi che lo prendono in braccio e lo portano sul palco e poi lo fanno sedere al pianoforte. Michel non era triste, amava la vita al punto che l'aggettivo che, secondo i suoi amici, ben gli si adatta è l'esuberanza: iperattivismo, sessualità prorompente (ebbe 5 relazioni significative con donne che lui chiamava mogli senza averle sposate), vizi prevedibili ma, soprattutto una musica mai passiva, dettata da una grande sensibilità e da una tecnica straordinaria. Iniziò a studiare pianoforte a 4 anni e si esibì per la prima volta in pubblico a 13. 

Fu scoperto, per il grande pubblico, da una nostra conoscenza di questa rubrica, il sassofonista Charles Lloyd mentre affermava di essere influenzato in modo particolare da Bill Evans e Keith Jarrett e scusate se è poco. Divenne quasi subito un musicista di grande successo, quasi sapesse di non avere molto tempo e forse questo gli consentiva di concentrarsi su tutto quello che faceva senza perdere troppo tempo. Fu un pianista davvero straordinario che metteva tutti d'accordo, critica e pubblico sulla sua completezza. Nonostante le difficoltà, girò per il mondo, suonava ogni volta che poteva e chiunque abbia assistito a un suo concerto (lo dico anche per esperienza diretta) non ha mai dimenticato quella straordinaria circostanza. 

Era particolarmente orgoglioso di avere ricevuto l'ambitissimo premio Django Reinhardt Award ed era felice come un bambino quando, nel 1997, suonò a Bologna davanti a Giovanni Paolo II. Morì nel 1999, a 36 anni, a causa di complicazioni polmonari e non suoni blasfemo il fatto che riposi nel cimitero Pere-Lachaise di Parigi accanto a Chopin. Sì, perché Michel, secondo molti, è stato uno dei più grandi pianisti jazz di tutti i tempi. Ascoltare qualsiasi cosa di Michel Petrucciani può essere un'opzione anche perché su quale sia il suo miglior disco i critici hanno intavolato molte discussioni. Tuttavia molti considerano, ed io concordo, Power of Three forse il migliore. Quando registrò quel disco Michel aveva 24 anni e con lui suonavano due mostri sacri – Wayne Shorter e Jim Hall – che erano da molti anni vere e proprie stelle del jazz.


Power Of Three (Blue Note 1987) 58 min

Michel Petrucciani (1962-1999) Pianoforte

Jim Hall (1930-2013) Chitarra

Wayne Shorter. (1933-2023) Sax Tenore e Soprano