Lee Morgan

20.02.2025

La serata non partì bene. Lee Morgan era atteso ad un famoso jazz club – lo Slug's Saloon, nell' East Village New York – per una esibizione con il suo nuovo quintetto. A New York nevicava quella sera, le strade erano ghiacciate e Lee sbandò con la macchina e finì contro un marciapiede. Abbandonò la macchina e, sebbene scosso, riuscì a raggiungere il club insieme alla sua nuova musa Judith Johnson. Fece il primo set e, nell'intervallo, inaspettatamente, lo raggiunse Helen Moore, l'amore della sua vita (fino a un certo punto) e sua convivente. Helen era perfettamente consapevole della bulimia amorosa del suo Lee e quella sera era decisa a chiarire un po' di cose. Ebbero un vivace alterco e lui la scaraventò letteralmente fuori dalla porta, nella neve. Si stava dirigendo al palco per il secondo set quando Helen lo colpì al petto con la sua calibro 32 che teneva in borsetta. Qui il racconto diventa un po' opaco: forse passò troppo tempo prima dell'arrivo dell'ambulanza, fatto sta che Lee Morgan morì: aveva 33 anni. Ora, però, riavvolgiamo un po' il nastro. Lee Morgan era nato a Filadelfia nel 1938 ed era davvero un talento precoce se consideriamo che, appena diciottenne, suonava già con un mostro sacro come Dizzy Gillespie. Prima e dopo essersi affermato come solista, suonava abitualmente con i Messengers di Art Blakey, con John Coltrane e Wayne Shorter, e potremmo continuare. Il suo mentore, non solo musicale, fu Clifford Brown, al quale Lee Morgan fu devoto e riconoscente per tutta la sua breve vita. In realtà si sussurrava che la dipendenza di Lee e di molti altri suoi colleghi non fosse solo di carattere artistico: si diceva che Clifford Brown pagasse i musicisti sotto la sua protezione con l'eroina. L'eroina fu il vero problema di Lee Morgan, ma anche la ragione dell'incontro con Helen Moore che aveva un appartamento a New York che era diventato una sorta di rifugio per artisti precipitati nella dannazione. Nel suo caso, la sempre più continua frequentazione con Helen era diventata poi amore al punto che, per un certo periodo Lee Morgan si era affrancato dalla schiavitù della droga. Poi, però, tornò tutto come prima e sapete come finì. Se qualcuno vuole sapere di più su questa storia maledetta, il consiglio è quello di vedere il bellissimo documentario, di produzione svedese del 2016, I called him Morgan dove il groviglio tra storia musicale umana viene approfondito con molta maestria. Tornando alla musica, seppur morto giovanissimo, Lee Morgan è considerato uno dei più grandi trombettisti della storia del jazz e se si scorre la sua discografia, comprendendo anche le collaborazioni prestigiose, è difficile trovare un jazzista di 30 anni con un curriculum così vasto dal pinto di vista quantitativo, ma soprattutto qualitativo. Per la difficile scelta del disco da consigliare, mi viene in soccorso il cinquantennale, celebrato, lo scorso anno, di uno degli album più iconici di Lee Morgan: Search for the new land. Si tratta di un album dove, più di altri, si apprezza la completezza di questo musicista, capace di toccare molti registri, di passare da una melodia ad un'altra grazie alla sua principale caratteristica, quelle di suonare un jazz "fluente". Il gruppo che accompagna Lee Morgan in questo album, come si vede nei crediti, è composto da musicisti straordinari: non manca niente per un risultato indimenticabile.


LEE MORGAN (1938/1972) Tromba

Wayne Shorter. (1933/2023) Sax Tenore

Herbie Hancock. (1940). Pianoforte

Reggie Workman (1937). Contrabbasso

Billy Higgins (1936/2001). Batteria


Search for the new land (Blue Note) (15 febbraio 1964) 42 min


  1. Search for the new land 15:43

  2. The Joker 5:02

  3. Mr. Kenyatta 8:42

  4. Melancholee 6:12

  5. Morgan the Pirate 6:24