Le nozze di Cadmo e Armonia

05.02.2025

Eros, Logos, Mythos, questa è una mirabile, inscindibile, trinità; il compendio di una visione del mondo e di una linea di condotta appartenenti alla civiltà della Grecia antica, di cui noi, in questo angolo di mondo e di tempo, siamo figli.
Eros, non è figura unica e univoca, ma polisemica e polivalente. Nelle più antiche cosmogonie è una delle divinità primordiali venute all'essere, l'elevato principio che muove verso la bellezza e la conoscenza; ma è anche, in una concezione successiva, il capriccioso - e crudele - figlio di Afrodite, che presiede al desiderio e all'amore fisico. Il primo promuove la sophia (sapienza) il secondo distrugge l'anima dell'uomo (non sempre n.d.r.).
Neppure Logos ha significato univoco, significa parola, discorso, ragione, ragionamento, argomentazione; designa insomma le attività intellettuali tipicamente umane.
Mythos è parola che significa racconto, ma il termine ha poi assunto il significato proprio di narrazione leggendaria, orale o scritta, di gesta e personaggi divini o semidivini.
Nessuna priorità di origine o di valore è data agli elementi di questa trinità, tutti concorrono alla formazione della natura e della condizione umana, tutti sono vicendevolmente legati e causati: l'Eros, nella duplice accezione, è il grande motore delle azioni degli esseri umani, il Logos ne fornisce la concettualizzazione e il mezzo, la parola; il Mythos le organizza in narrazione e le trasmette. Tutte sono presenti nel mito, inteso come narrazione leggendaria, con una preponderanza dell'eros-desiderio, che scuote e sferza uomini e dei portando alla luce la forza cui ogni cosa sottende: thanatos, la morte e distruzione cui talvolta anche gli esseri divini sono soggetti. Tutto questo possiamo trovare nell'appassionato, lungo fluviale racconto di Roberto Calasso, che scorre impetuoso come i torrenti dell'aspro territorio greco, trascinando con sé passioni, amori, lotte, sopraffazioni conquiste, metamorfosi, aberrazioni, mostruosità, violenza; il substrato irrazionale e istintuale che ribolle sotto l'immagine luminosa dell'Ellade razionale, della matematica, della filosofia, delle proporzioni auree della sua architettura, delle sue leggi e delle sue istituzioni politiche; un lungo racconto ininterrotto, dove non mancano digressioni e salti, laddove le acque della narrazione deviano o precipitano richiamate dalla necessità di raccontare altre storie o altre versioni di uno stesso fatto. Il Logos fornisce le parole al Mythos, tuttavia, ancora non si esprime in termini razionali, perché nei miti è la parte istintuale e oscura dell'umano - e del divino fatto a sua immagine - a prevalere. Questa è una lettura non facile, né divulgativa, è il racconto appassionato di uno scrittore colto e profondo, rivolto agli amanti del genere, ai quali è richiesta una conoscenza pregressa della materia e una ottima capacità di decifrazione testuale, per poter seguire la prosa fluente e seduttiva dalla quale si dipanano, come da un lungo filo le storie di Europa rapita da Zeus in sembianze di toro; del ratto di Persefone trascinata agli inferi; della sacerdotessa Io perseguitata dalla spietata gelosia di Era; di Pasifae e della sua insana passione, indotta da Poseidone, per un toro; del Minotauro, frutto mostruoso della loro unione; di Arianna più volte abbandonata e uccisa, fino a diventare una costellazione; dell'arrogante Teseo, che osò sfidare anche Ade per insidiarne la sposa... insomma le millle e mille storie del mito, e delle tante versioni che la tradizione ha prodotto. Un dono sublime per chi sa apprezzarle.

Sfogliando il libro

Sulla spiaggia di Sidone un toro tentava di imitare un gorgheggio amoroso. Era Zeus. Fu scosso da un brivido, come quando i tafani lo pungevano. Ma questa volta un brivido dolce. Eros gli stava mettendo sulla groppa la fanciulla Europa. Poi la bestia bianca si gettò in acqua, e il suo corpo imponente ne emergeva abbastanza perché la fanciulla non si bagnasse. Lo videro in molti. Tritone, con la sua conchiglia sonora, rispose al mugghio nuziale. Europa, tremante, si teneva aggrappata a uno dei lunghi corni del toro. Li vide anche Borea, mentre fendevano le acque. Malizioso e geloso, fischiò alla vista di quei seni acerbi che il suo soffio scopriva. Atena arrossì spiando dall'alto il padre cavalcato da una donna. Anche un marinaio acheo li vide, e allibì. Era forse Teti, curiosa di vedere il cielo? O una Nereide soltanto, e per una volta vestita? O Poseidone ingannatore aveva rapito un'altra ragazza? 

Le storie non vivono mai solitarie: sono rami di una famiglia, che occorre risalire all'indietro e in avanti. Nell'ebbrezza della traversata marina in groppa al toro bianco, Europa cela in sé, come potenze ancora inavvertite, i destini delle sue nipoti pazze d'amore, Fedra e Arianna, impiccate per vergogna e disperazione. E fra le radici celesti di questo albero di storie troviamo l'errare della giovenca pazza, l'antenata Io, che a sua volta include in sé l'immagine di un'altra giovenca pazza, madre di Fedra e di Arianna: Pasifae, anche lei impiccata per vergogna. 

...Ifimedia. Si era innamorata di Poseidone, come Io di Zeus. E allora andava spesso lungo la spiaggia, entrava nel mare, sollevava acqua dalle onde e se la versava sul petto. Era già quello l'amore. Poi, un giorno, Poseidone apparve, l'avvolse e generò due figli con lei. Il gesto di Ifimedia ha qualcosa di beato e incessante, è il moto della materia femminile verso l'altro, verso qualsiasi altro. Moto inappagabile, appagato soltanto nel suo imesausto ripetersi.