La testa vuota

03.03.2025

Ci sono due cadaveri, un uomo e una donna, due amanti, entrambi sposati, ritrovati in un bosco, "nell'atteggiamento abituale del coito", come riferisce il rapporto medico. Lui è lo stimato ufficiale giudiziario della cittadina, lei la moglie di un facoltoso pellicciaio.
C'è un'inchiesta della gendarmeria, volta ad appurare se si tratta di un omicidio-suicidio, o di un omicidio.
La storia, tuttavia, non è un giallo, il lettore fin dalla prima pagina è informato del non luogo a procedere a carico di ignoti. Nessun mistero da risolvere, almeno in senso strettamente poliziesco; non c'è un sagace poliziotto né un astuto investigatore, solo freddi rapporti, redatti in linguaggio burocratico, dai quali emerge la realtà dell'omicidio-suicidio.
L'ambiente, la provincia francese, ricorda quello delle storie squallide, rancorose, di Simenon. La camera azzurra è il romanzo che viene subito alla mente, ma non solo, i personaggi che sono di contorno alla vicenda ricordano, nelle loro meschinità, quelli di tanti lavori dello scrittore belga. Ma, a parte qualche analogia, le somiglianze si fermano qui, a semplici associazioni.
La storia, per la sua struttura narrativa, non può definirsi un romanzo in senso stretto, manca infatti completamente l'intreccio. Lo scopo non è appurare la causa di quelle due morti, ma piuttosto dare ad esse un'interpretazione. 
La struttura narrativa, molto originale, si compone, nella prima parte, dei rapporti specialistici di tutti coloro che sono parte attiva nell'inchiesta, delle deposizioni dei coniugi e dei parenti delle due vittime, e di alcune lettere all'amante dell'omicida-suicida. Ricordo, per parziale analogia, La scomparsa di Patò di Andrea Camilleri, di molto posteriore, che risolve la scomparsa del titolo, attraverso l'esposizione di documenti di vario genere, in un contesto decisamente umoristico, però.
La seconda parte è sicuramente la più interessante e, ça va sans dire, quella trovata noiosa da chi si aspettava un noir con le carte in regola.
Un vicino, proprietario di una piccola tenuta adiacente al luogo del ritrovamento, uomo di mezza età, vedovo, collaboratore del giornale locale, è fra i primi a ritrovare i due corpi. Resta morbosamente affascinato dai cadaveri, irrigiditi in quella posa oscena.
Nel suo diario scrive il suo profondo turbamento. Giorno per giorno, in queste pagine segrete, annota i suoi tentativi di interpretare e di capire la passione, che ha portato un uomo, severo ed integerrimo, a sconvolgere tutta la sua vita fino all'estremo atto finale. Ma è la sua vita stessa ad essere sconvolta, da un ripensamento sulla propria vita erotica, fino a quel momento, risolta da periodiche, non esaltanti, visite al bordello.
È il fascino della donna morta, a turbarlo, non solo per la sua bellezza, ma per le sue doti ammaliatrici, che la maldicenza della gente alimenta.
Una lunga introspezione, dettagliata e sofferta, che descrive con grande sensibilità e acutezza lo scuotimento erotico, che assale all'improvviso, quando meno ce lo aspettiamo, e non solo in presenza di una persona in carne ed ossa, ma di una sorta di fantasma, che se ne stava acquattato nelle profondità tenebrose della mente, là dove il buon senso lo aveva prudentemente confinato.

Riflettendo sulla storia

Ci sono libri che raccontano storie, più o meno avvincenti, e altri che sono letteratura, come questo. Libri che trascendono la vicenda narrata e ne fanno il pretesto per riflettere su temi universali della condizione umana. Questo, partendo da un caso di cronaca nera (fittizio), il ritrovamento di due cadaveri, espande l'analisi su aspetti molto più generali della psicologia e del comportamento dell'essere umano, riscontrabili in epoche e luoghi diversi.
A partire dal ritrovamento, gli inquirenti, come si fa in questi casi, vanno alla ricerca di elementi utili nel passato delle vittime, interrogando parenti e conoscenti. Fanno le loro deposizioni i coniugi delle vittime, la domestica della donna uccisa, la madre, il fratello, la cognata. Il quadro che ne emerge ha un che di pirandelliano. Suzanne la vittima appare di volta in volta come una donna, frivola, attaccata al denaro, bugiarda, di costumi liberi e più volte adultera; una sorta di bovary, ambiziosa, sensuale, insoddisfatta. Ma anche come una moglie maltrattata da un marito insensibile e brutale, che la sottopone a continui tormenti, attaccata ai figli, timorosa di un divorzio che potrebbe sottrarglieli e lasciarla in difficoltà economiche. Contraddittoria anche la figura del marito di lei, che appare come un uomo affettuoso, fiducioso, paziente, indulgente, disposto ad accontentare la moglie, contrariamente ad altre dichiarazioni.
L'amante omicida-suicida, solerte funzionario, incolore e un po' ottuso, bigotto, perbenista, incorruttibile nelle sue funzioni, scopre improvvisamente la passione, quella dei sensi, ma anche quella del cuore, come rivelano alcune sue lettere ritrovate, commoventi e tenere, oltre che sensuali ed erotiche, come quelle di un uomo al primo amore. Contrariamente a quanto dichiara la moglie che dice di essere all'oscuro della relazione. Esalta le doti di marito e padre responsabile, di zelante funzionario, dalla volontà incrollabile, incorruttibile.
Ma soprattutto
Le donne non sembravano interessarlo affatto. Non era né incostante né infedele e non suscitò mai la mia gelosia.
Gustave non aveva un temperamento appassionato. Anche con me era estremamente controllato. Perfino quando eravamo appena sposati il suo atteggiamento a questo riguardo non aveva nulla di esaltante. D'altronde io non avrei mai permesso che si mostrasse con me troppo ardente. L'educazione che mi era stata impartita mi aveva dato del matrimonio un concetto alquanto rigido. Compivo dunque il mio dovere coniugale proprio come doveva farlo una sposa cristiana ma senza mai oltrepassare i limiti della convenienza.
Sono anche tenuta ad aggiungere che già da molti anni mio marito non mi chiedeva più nulla. Condividevamo lo stesso letto ma i nostri contatti, sempre più saltuari, finirono poi del tutto. Da parte mia, io ne ero ben contenta, non avendo in alcun modo cercato quei piaceri che molte donne sposate di mia conoscenza sostenevano di raggiungere ma che io non avevo mai provato. La totale castità nella quale sono vissuta da quel momento in poi si accordava molto bene con le mie più intime aspirazioni. E i miei scrupoli nel compiacermene erano del tutto marginali poiché mio marito non ne sembrava affatto contrariato.
Quest'ambiguità da così è se vi pare, che rende sfuggenti i personaggi è uno dei grandi pregi di questa storia. Tutti nella piccola città, come il giornalista locale e la moglie, e il confinante del bosco, fanno le loro ipotesi, ma la verità profonda su quelle morti è inafferrabile.