La Sicilia di Jean-Pierre Houël

27.02.2025

 Il Tarlo dei libri, sempre chiuso tra le mura della sua biblioteca virtuale, ha un continuo, struggente desiderio di fuggirsene e viaggiare; purtroppo deve accontentarsi di masticare i libri di chi ha realmente viaggiato e ha riportato le memorie di ciò che ha visto. Naturalmente preferisce i volumi antichi, i più digeribili per un vecchio Tarlo. Oggi vi propone i libri scritti e illustrati nel Settecento da un artista francese, Jean-Pierre Louis Laurent Houël. Questi nacque nel 1735 a Rouen, in Normandia. Dopo aver iniziato gli studi di pittura in patria, nel 1768 divenne allievo pittore dell'Accademia di Francia a Roma. Nel 1769 visitò Torino, Parma, Roma e Napoli e, l'anno successivo, effettuò il suo primo viaggio in Sicilia, al tempo regione poco frequentata da "turisti" sia stranieri che, tantomeno, italiani.

François-André Vincent – Ritratto di Jean-Pierre Houël, 1772

Le vedute di paesaggi siciliani che espone a Parigi hanno un tale successo da indurre il governo francese a finanziare un nuovo viaggio in Sicilia dell'artista. Il pittore si documentò leggendo autori classici, greci e latini, ma anche le opere di Tommaso Fazello, Filippo Cluverio e Agatino Daidone e molti testi di storici delle città che intendeva visitare. Il viaggio cominciò a Marsiglia, dove s'imbarcò per Napoli e, dopo un breve soggiorno raggiunse Palermo il 15 maggio 1776. La permanenza in Sicilia, inizialmente programmata per durare un anno, si protrasse fino al giugno del 1779. Il risultato fu un'opera in quattro volumi il cui titolo è un riassunto del contenuto: Voyage pittoresque des isles de Sicile, Malte et Lipari, Où l'on traite des Antiquités qui s'y trouvent encore; des principaux Phénomènes que la Nature y offre; du Costume des Habitans, & de quelques Usages. In ogni sua pagina emerge l'artista, l'archeologo, il naturalista, il botanico, l'attento osservatore delle tradizioni popolari. Houël può scrivere con ragione: "Io affermo i miei disegni attraverso i miei scritti e confermo i miei scritti attraverso i miei disegni". Infatti, le tempere color seppia che corredano i volumi del "Viaggio" incantano per la morbidezza e la precisione. Il fatto di essere l'unico viaggiatore straniero in Sicilia a non essere assillato dal tempo gli permise di vedere quello che gli altri, per troppa fretta, furono costretti a trascurare, mescolandosi ai fedeli nelle feste religiose e ai pescatori nella pesca del tonno. Il libro di Houël non è purtroppo mai stato tradotto in italiano ma le sue illustrazioni lo rendono estremamente gradevole da sfogliare anche per chi non legge il francese. Ve ne propongo qualche esempio: 

I viaggiatori siciliani 

Nei suoi viaggi Houël si fa accompagnare da due campieri, guardie governative che servono da scorta armata, da un bordonaro, che si occupa dei muli, e dal suo domestico personale. Assicura che i grandi signori prendono fino a ventiquattro uomini di scorta, ma che lui deve accontentarsi: "Non si viaggia mai in Sicilia senza una scorta. Conoscendo bene la lingua del paese avevo preso l'uso siciliano, in modo che nessuno sospettasse che fossi straniero, e così da correre meno rischi: infatti, da tutte le tragiche storie che mi erano state raccontate, avevo capito che i briganti volevano sempre di più dagli stranieri che dai nativi del paese. Vestivo come il più comune dei viaggiatori siciliani. Avevo un fucile di trasverso sul pomello della sella, un equipaggiamento a tracolla che conieneva proiettili e tutto il necessario per caricare un'arma. Sull'altro lato, portavo un corno grande e grosso, decorato di bronzo; conteneva la polvere da sparo. Avevo i capelli avvolti in una rete, al centro della quale c'era una nappa molto ornata che mi cadeva sulle spalle. Aggiungi a questo un cappello piegato e stivali corti vecchio stile, avrai l'immagine completa di come apparivo".  

Il Castagno dei cento cavalli  

Houël ci ha lasciato due belle immagini del Castagno dei Cento Cavalli, alle pendici dell'Etna, e, nel suo libro, ne ricorda anche la leggenda: "Mi feci raccontare la storia di questo albero dai dotti del villaggio. Quest'albero si chiama il Castagno dei Cento Cavalli per la vasta estensione della sua ombra. Mi dissero che Giovanna d'Aragona, recandosi dalla Spagna a Napoli, si fermasse in Sicilia e venisse a visitare l'Etna, accompagnata da tutta la nobiltà di Catania: ella stava a cavallo, come tutto il suo seguito. Essendo sopravvenuto un temporale, essa si rifugiò sotto questo albero, il cui vasto fogliame bastò per riparare dalla pioggia la regina e tutti i suoi cavalieri. Ma i dotti che non sono di questo villaggio sostengono che nessuna Giovanna d'Aragona ha mai visitato l'Etna e sono persuasi che si tratti solo di una leggenda popolare". Il Castagno dei Cento Cavalli, questa "gloria della foresta", come lo definiva Brydone, un altro viaggiatore in Sicilia, esiste tuttora. Secondo il botanico Bruno Peyronel, avrebbe un'età tra i 3000 e i 4000 anni, il che lo renderebbe l'albero più vecchio d'Europa, oltre che il più grande d'Italia.  

Le bocche superiori dell'Etna  

Il tempio della Concordia ad Agrigento   

Messina – Festa della Vara 

La festa della Vara si svolge a Messina il 15 agosto, giorno dell'Assunzione. La tradizione la fa risalire alla presa di Messina da parte dei Normanni, guidati dal Conte Ruggero. "In primo luogo, già dalla mattina, dei popolani portano per le strade una pelle di cammello, che sostengono essere i resti di quello che montò Ruggero, e trascinano per la città colossali e ridicole effigi di Grifone e di sua moglie, che pongono su cavalli di cartone". La leggenda sostiene, infatti, che Ruggero fosse entrato in Messina sul dorso di un cammello, costringendo alla resa i Giganti, ossia il precedente re, il moro Grifone, e Mata, la sua sposa. Due uomini si nascondevano sotto la pelle, portandola sulle spalle, e il finto cammello assaliva i passanti, tra gli schiamazzi della gente, mentre intorno camminavano persone che imitavano i saraceni nelle fogge dell'abbigliamento e nelle danze. Il finto cammello fece la sua ultima comparsa a Messina nel 1842, anno in cui vi furono grandi festeggiamenti, cui assistette anche il re Ferdinando II. Il momento centrale della festa era comunque la processione. La Vara, un enorme carro votivo, che intendeva dare una fedele rappresentazione dell'Assunzione della Vergine, era preceduta da soldati a piedi, suonatori di timpani e trombettieri, e seguita da una folla enorme di persone. "È una macchina di circa cinquanta piedi d'altezza. All'altezza di circa sette piedi, dodici bambini sono posti e fissati su un cerchio: essi girano in orizzontale e senza fermarsi; rappresentano i dodici apostoli, che si suppone si trovassero intorno alla tomba della Vergine, al momento della sua salita al cielo. Sopra di loro è sospeso un grande sole, che gira verticalmente. All'estremità dei suoi quattro raggi principali sono posti e attaccati dei bambini, che ruotano con lui, salendo e scendendo, in modo tale da essere sempre dritti. Al centro della macchina ci sono delle nuvole che sostengono un grosso globo, a rappresentare la terra. Queste nuvole formano un cerchio che ruota orizzontalmente, e che fa ruotare dodici piccoli bambini, che rappresentano dei Cherubini che gioiscono per il trionfo della Vergine. Intorno vi è un altro cerchio che ruota verticalmente, e sono dei Serafini. Sopra questi Serafini è posto un uomo che rappresenta Gesù Cristo; ha le braccia tese, e porta la Vergine in piedi sulle sue mani. È una ragazzina di tredici o quattordici anni: tiene le braccia incrociate sul petto, guarda verso il cielo, e Gesù Cristo, che la tiene così sulle mani, l'alza nell'aria, e si suppone che la presenti a Dio, suo padre. Delle spranghe di ferro disposte obliquamente e nascoste, tengono tutti questi personaggi agganciati solidamente, di modo che la Vergine stessa, sollevata in questo modo, non corre alcun pericolo; ma il continuo girare cui sono sottoposti i bambini li fanno patire così crudelmente, che qualcuno si addormenta, altri vomitano e qualcuno sta ancora peggio. Questo non impedisce alla popolazione di sentirsi edificata, né ai padri e alle madri di offrire i loro figli a questo genere di supplizio. Questa macchina non è posta su ruote, ma sopra pattini di ferro molto larghi, che scivolano sul pavé, ed è trainata da una considerevole moltitudine di uomini robusti. La folla del popolino la segue gettando in aria i suoi fazzoletti, i suoi cappelli, i suoi berretti, e gridando: Vivat la Madonna Santissima!". Solo nel 1866 fu diminuita l'altezza della Vara e i bambini furono sostituiti con simulacri in cartapesta. 

La Tonnara 

Houël poté assistere alla mattanza dei tonni nella Tonnara Vergine Maria, poco a occidente della città di Palermo, di proprietà di Francesco Oneto e Morreale, duca di Sperlinga. Questa pesca, racconta, "è una specie di festa: il proprietario della tonnara si trova nella barca principale con signori e signore attirati dalla curiosità, e il contrasto tra questo gruppo brillante e tranquillo e gli uomini mezzo nudi, coperti di sangue, armati di arpioni, che si agitano per non mancare la preda, ha un effetto davvero pittoresco"

 I quattro volumi del Voyage pittoresque des isles de Sicile, Malte et Lipari possono liberamente essere scaricati: 

 https://archive.org/details/gri_33125009359197 

 https://archive.org/details/gri_33125009359254

https://archive.org/details/gri_33125009359312 

 https://archive.org/details/gri_33125009359379