La mia avventura alla Penny Wirton
Arrivato alla fatidica data della pensione (2017), volendo rendermi ancora utile, ho dato uno sguardo al vasto mondo del volontariato e, casualmente, mi sono imbattuto in una scuola che insegna l'italiano agli stranieri presenti nel paese dove vivo (molto vicino a Roma) e nei paesi vicini: la scuola si chiama Penny Wirton. Una di quelle casualità che non sai perché accadono, ma ti cambiano la vita.

Ma cos'è la Penny Wirton? Come dicevo è una scuola di italiano per stranieri che si trovano a diverso titolo in Italia. É nata a Roma dalla sensibilità di un insegnante e scrittore, Eraldo Affinati e di sua moglie Anna Luce Lenzi. La scuola negli anni si è diffusa in molti paesi in Italia, compreso quello in cui abito, grazie all'iniziativa di una insegnante in pensione, Paola.

Perché il nome Penny Wirton? Cito
la spiegazione presente sul sito:
Il nome della
scuola richiama il titolo di un grande romanzo per ragazzi di Silvio D'Arzo
(1920 – 1952), Penny Wirton e sua madre (Einaudi 1978), che ha come
protagonista un bambino povero e disprezzato, il quale non ha mai conosciuto
suo padre e, dopo una serie di prove, conquista, nonostante innumerevoli
fatiche, la propria dignità, grazie anche all'aiuto del supplente della scuola
del villaggio. Molti studenti della Penny Wirton sono orfani, a mille
miglia lontani dalla famiglia: per loro e per tutti, adulti
compresi, il nome Penny Wirton indica la possibilità di un riscatto.

Qui è possibile scaricare gratuitamente il libro
https://liberliber.it/penny-wirton-e-sua-madre-di-silvio-darzo/
Da subito ho capito che non era una scuola "normale", ma un luogo dove poter incontrare persone di tutto il mondo bisognose di un "nutrimento" importante, forse più del pane stesso, ovvero la lingua italiana perché, lontano dalla propria terra, per vivere e rapportarsi con il mondo circostante è fondamentale sapersi esprimere e capire la lingua delle persone intorno.
In un primo momento ho pensato di non essere in grado di poter svolgere questo compito ma poi, spinto dall'organizzatrice, ho voluto provare perché c'era un estremo bisogno di volontari che si dedicassero a questo servizio per svolgere il quale, appunto, non era necessario essere insegnanti professionisti.
Dopo un breve periodo di affiancamento per conoscere più che altro la parte strettamente organizzativa ed il metodo di insegnamento ho accettato questa sfida con me stesso e ho provato.
Così ho iniziato il servizio nella scuola che viene ospitata nella sala di un'altra associazione, Casa della Pace, nata dopo l'uccisione, a Gerusalemme da parte di un palestinese, di un giovane ragazzo, cittadino del paese dove abito, che era andato lì per fare scuola ai bambini palestinesi.

Ma torniamo alla Penny Wirton. L'insegnamento si svolge nella forma uno ad uno, perché ogni studente rappresenta un mondo a se stante per nazionalità, età, cultura, livello di istruzione; si richiede quindi un'attenzione specifica, calibrata su ognuno.
La provenienza è la più varia, Africa (vari paesi), India, Pakistan, Bangladesh, ma anche Romania, Albania, America Latina. Tutte queste persone hanno un bisogno immenso di esserci, di conoscere, di capire questa nostra lingua così diversa dalla loro. La lingua è il nutrimento necessario per vivere nel paese dove, dopo vicissitudini inenarrabili, sono approdati.
La storia di ognuno non la si chiede per delicatezza, per non far rivivere loro momenti spesso drammatici, ma spesso qualcuna/o ne parla ed è davvero raccapricciante, sentire cosa è loro capitato; dovrebbero ascoltare queste storie i politici che parlano senza sapere. Alcune/i nel loro paese hanno frequentato la scuola, altri sono completamente analfabeti, con questi è certamente più difficile, ma piano piano anche a loro si cerca di far apprendere gli elementi base.
L'impegno per me è iniziato con due volte alla settimana ma poi, l'esiguità di insegnanti volontari, ed il numero crescente di stranieri che frequentavano, mi hanno fatto decidere a dedicare più tempo andando in tutti gli orari di apertura (due giorni la mattina, tre giorni il pomeriggio).

Nella vita lavorativa non ho fatto certo l'insegnante però, toccando con mano il bisogno concreto e guardando i volti delle persone che si
presentavano, ho aguzzato l'ingegno e tirato fuori da me cose che non credevo di
possedere. Così oltre il tempo dedicato all'insegnamento ne dedico altro per
inventare e creare tabelle ed esercizi. Non
vi dico la gioia che provo quando i miei schemi servono a facilitare
l'apprendimento.
Per essere un volontario della scuola, ripeto, non bisogna essere insegnanti
titolati, ma avere il desiderio di
intercettare il bisogno di queste persone, accoglierlo, farlo proprio e quindi
donare quello che si ha.
Per insegnare ci sono alcune regole comuni e
poi si fa riferimento a dei semplici testi che aiutano a seguire un percorso
per dare le basi della lingua, per capire e farsi capire.
Il primo e fondamentale elemento da porre in campo è l'accoglienza: far sentire ciascuno non un diverso, non
uno straniero ma una persona con pari dignità che ha bisogno di aiuto in uno
scambio paritario. Se le persone si sentono accolte e
messe a loro agio l'insegnamento della lingua diventa davvero più facile e
procede spedito anche per chi ha più difficoltà.

Qualcuno potrebbe chiedere: come fate a capirvi se non parlano italiano? Una bella domanda! Dico che tra gesti (noi italiani siamo campioni di gestualità), qualche parola di Italiano che comunque conoscono stando qui in Italia alcuni da mesi, qualche parola d'inglese, e con "san Google traslate" si riesce a capire e farsi capire.
Questa l'attività principale della scuola, ma poi, come è facile immaginare, nascono rapporti che vanno al di là delle lezioni, ed avviene che si aiuta a compilare richieste, a trovare casa o lavoro, ad accompagnare in questura per i permessi di soggiorno, o ai centri
dell'impiego per l'inserimento nei corsi di formazione, e così via in base
alle necessità che emergono.
Durante la pandemia abbiamo cercato in tutti i modi e con tutti i mezzi
possibili, di non perdere i contatti, ci siamo impegnati in impossibili
lezioni a distanza con telefonini,
tablet e quanto si riusciva a rimediare.
Ci sarebbero tante cose da dire di questi miei sei anni di contatto con la scuola e con i numerosi studenti che si sono succeduti, e con molti dei quali è rimasto un rapporto. Bene o male tutti, in qualche
modo, si sono inseriti, alcune ragazze si sono sposate, hanno avuto dei figli; ho visto crescere bambini piccoli che hanno poi frequentato le nostre scuole pubbliche. Tutti hanno cercato di diventare, come
dice il titolo di un libro che utilizziamo, italiani anche noi.

Io, da parte mia posso dire che, se loro sono diventati un po' più italiani, io sono diventato un po' più africano, indiano, bengalese, cingalese, brasiliano, equadoriano...
L'umanità è una sola! Siamo noi che ci distinguiamo in base ai criteri più diversi, ma la donna o l'uomo tali sono al di là della lingua, del colore della pelle, della cultura, delle usanze, delle abitudini, tutti con l'innato bisogno di essere accolti, compresi aiutati.
Posso dire che in tutti questi anni, durante i quali ho cercato di dare la mia disponibilità, ho ricevuto tantissimo e mi sento interiormente arricchito, perché ogni volta che ci si dona si riceve un contraccambio inaspettato.
(Berardo Di Marcello, per informazioni: berardodimarcello@gmail.com)

I fondatori della scuola Eraldo Affinati e Anna Luce Lenzi
Alcuni link per approfondire la conoscenza della scuola e del suo fondatore.