Il labirinto della parola

Indovina indovinello Un'avvincente storia dell'enigma, profonda metafora dell'esistenza umana, e non semplice gioco per passare il tempo come si potrebbe pensare. L'enigma più famoso è quello risolto, tragicamente, da Edipo che dà inizio alla sua dolorosa e travagliata vicenda mitica. L'enigma ha a che fare con la morte, perché questa è la punizione inflitta dalla Sfinge a coloro che sbagliano i suoi "indovinelli". Spesso lo troviamo nelle fiabe come prova per la conquista dell'oggetto magico o della sposa. Attraversa la storia dell'umanità da tempi immemorabili. Tutto è enigma, noi stessi lo siamo. Tutta la realtà si presenta come un enigma, aggrovigliato e oscuro, affrontarlo è ciò che ci ha reso umani. Ogni nostra conoscenza è frutto della risoluzione di enigmi. Scienza e matematica sono figlie dell'enigma; è tanto connaturato alla nostra natura che proviamo un piacere esaltante, orgasmico, quando lo affrontiamo. E' una sfida che mette alla prova conoscenze e abilità, è un duello contro l'oscurità, il suo scioglimento è la vittoria della luce della ragione. Non è un caso che illustri pensatori vi si siano dedicati con passione nel presente e nel passato. E neppure che il tipo di letteratura più fertile e diffusa sia quella cosiddetta gialla dove l'enigma si sposa al delitto. Il libro esamina il rapporto dell'enigma con la nascita e la morte, con il matrimonio, con la sapienza, con il gioco, con la letteratura, con gli oracoli, con i sogni. Una lettura avvincente, affascinante, un viaggio nella nostra complessa interiorità e nell'enigma che noi stessi siamo.
Sfogliando il libro
[...] la trama della Turandot, l'ultima opera di Giacomo Puccini, rappresentata postuma nel 1926.
Per vendicare la morte di una sua antenata, la principessa Lo - u - ling, rapita e violata dal re di un regno straniero, Turandot «la pura» ha deciso di sposare solo colui che saprà sciogliere tre enigmi. Ma, come recita un dignitario all'inizio dell'opera, «chi affronta il cimento e vinto resta» è condannato a morire porgendo «alla scure la superba testa». Molti sono stati i nobili che hanno chiesto invano all'imperatore della Cina la mano della figlia – e le loro teste mozze campeggiano sui pali piantati sugli spalti del palazzo reale. Dopo che l'ultima vittima, il principe di Persia, è stata decapitata dal boia Pu - Tin - Pao, a sciogliere gli enigmi arriva il principe straniero Calaf; dopo una serie di ulteriori peripezie che qui non è il caso di riferire, l'opera si conclude con le nozze fra il principe e Turandot, vinta dal «foco terribile e soave» dell'amore. Nel libretto di Giuseppe Adami e Renato Simoni, gli enigmi posti dalla principessa cinese al principe Calaf sono tre. Il primo:
Nella cupa notte
vola un fantasma iridescente. Sale,
dispiega l'ale
sulla nera, infinita umanità!
Tutto il mondo lo invoca,
tutto il mondo lo implora!
Ma il fantasma sparisce con l'aurora
per rinascer nel cuore!
Ed ogni notte nasce
ed ogni giorno muore,
ha come soluzione «la speranza»; il secondo,
Guizza al pari di fiamma,
e non è fiamma!
È talvolta delirio! È tutta febbre!
Febbre d'impeto e ardore!
L'inerzia lo tramuta in un languore!
se ti perdi o trapassi, si raffredda!
Se sogni la conquista, avvampa, avvampa!
Ha una voce che trepido tu ascolti,
e del tramonto il vivido baglior!
ha come soluzione «il sangue»; per il terzo:
Gelo che ti dà foco! E dal tuo foco
piú gelo prende! Candida ed oscura!
Se libero ti vuol, ti fa piú servo!
Se per servo t'accetta, ti fa re!
Qui la soluzione è colei che pone il quesito, la stessa Turandot.