Gli avatar di Vishnū 1

02.04.2025

La religione induista è oggi praticata nel mondo da oltre un miliardo e mezzo di persone, eppure chi, in Occidente, può affermare di conoscerne qualcosa, al di là di scarsi pregiudizi rimasticati? Se entriamo nel sito dell'Unione Induista Italiana scopriamo ad esempio che questa religione dai mille dèi si dichiara "monoteista". 

https://www.induismo.it/induismo-cosa/ 

Uno storico delle religioni occidentale la definirebbe "enoteista", intendendo con questo termine una religione che prevede la preminenza di un dio su tutti gli altri, così da accentrare su di lui tutto il culto, senza tuttavia negare l'esistenza di altre divinità di cui è comunque sottolineata l'inferiorità. Nel Nāsadīya sūkta, centoventinovesimo inno del decimo libro del Ṛgveda, in cui è descritta la creazione del mondo, si legge: 

 L'Uno respirò da solo senza respiro, oltre ad esso non c'era nulla.

 Per un induista la divinità preminente può essere Shiva, Vishnū, Sakti oppure Krishna. Il visnuismo è la corrente induista che venera in Vishnū la divinità principale, il creatore e conservatore del mondo: 

 Io celebro le gesta eroiche di Visnū, che misurò le regioni terrene e ha reso stabile la regione di sopra compiendo lui, dal vasto incedere, tre passi. Per questa impresa eroica Visnū è lodato, lui che abita sulla montagna come una bestia selvaggia, aggirandosi ovunque, nei suoi tre grandi passi abitano tutti gli esseri, che la mia invocazione possa raggiungere Visnū il toro che abita la montagna e che da solo ha misurato con i tre passi queste ampie sfere. (Ṛgveda, I,154,1-3)

 Quando l'Occidente cominciò a entrare in contatto con l'India e le sue religioni, gli studiosi s'incuriosirono di un aspetto particolare del visnuismo. Luigi Rusconi, nel "Dizionario universale archeologico-artistico-tecnologico", edito nel 1839, scrive di Vishnū: 

 I Bramini dicono esser egli già apparso nel mondo sotto nove diverse forme, e che deve comparirvi ancora per la decima volta sotto una novella figura. La storia di quelle metamorfosi è piena d'assurdità e di stravaganze; ma gl'Indiani pretendono che sotto quelle ridicole favole siano celati dei profondi misteri che non vogliono essi ai profani discoprire. 

 Rusconi parla di metamorfosi e non utilizza il termine sanscrito avatar che oggi ci è diventato familiare perché è utilizzato nell'ambito delle tecnologie digitali, dei giochi di ruolo virtuali e di internet, dove indica la rappresentazione grafica di un utente in un determinato ambiente digitale. Per una curiosa inversione rispetto al termine da cui deriva, invece dell'incarnarsi di un dio, è il corpo fisico dell'utente a dissolversi in milioni di bit. 

 L'idea di avatar è centrale nella religione induista; il termine significa letteralmente "discesa" e indica l'incarnarsi di una divinità, in particolare di Vishnū. Uno dei primi accenni all'idea si trova nella Bhagavadgītā (circa 200 a.C.), dove è il dio stesso a spiegare quale sia il suo scopo nel manifestarsi sulla terra in forme diverse:

 Ogniqualvolta la rettitudine scema e la non rettitudine cresce

 io mi mando avanti

 per proteggere i buoni e punire i malvagi, 

 per rinsaldare i fondamenti della rettitudine, 

 io nasco di era in era. (Bhagavadgītā, 4,7-8) 

 Quando il male prende il sopravvento e la giustizia scompare, quando ogni sforzo umano risulta inutile, quando il mondo è avvolto in un'oscurità che proietta lunghe ombre di infelicità e disperazione, significa che i tempi sono maturi per una nuova discesa del dio. La fede negli avatar promette una rigenerazione: i buoni vengono protetti, il male e i malvagi annientati, l'ordine si ristabilisce pienamente. Sebbene il numero degli avatar di Vishnū differisca in epoche diverse e nei vari testi, solitamente la tradizione ne identifica dieci.

Raja Ravi Varma - Il dio Vishnū circondato dai suoi dieci maggiori avatar

1) Matsya, il pesce 

 La storia del primo avatar è quasi identica a quella del diluvio, come viene narrata nella Bibbia e nei miti babilonesi. Il Noè indiano è Manu Vaivasvata, conosciuto anche come Satyavrata, (Voto di verità), il progenitore della razza umana nell'attuale ciclo cosmico. Vishnū si manifestò a Manu nella forma di un insignificante pesciolino che, dibattendosi nelle sue mani, gli chiese di proteggerlo. L'animaletto crebbe e Manu dovette metterlo in recipienti sempre più grandi, finché solo l'oceano fu abbastanza vasto per contenerlo. In quel momento, Manu comprese che il pesce era una incarnazione di Vishnū. Il dio informò Manu dell'imminente diluvio e gli ordinò di prepararsi. Gli fece costruire una nave e, quando arrivarono le piogge, gli ordinò di imbarcarsi con i sette Rishi, i saggi asceti, e i semi delle piante e degli animali. Le acque del diluvio spazzarono via ogni essere sulla terra. 

 Il pesce, che era ormai di dimensioni prodigiose e con uno splendido corno sulla fronte, nuotò verso Manu che attaccò la nave al corno, utilizzando come corda Sheshanaga, il serpente cosmico. Quando la pioggia cessò, la terra era ricoperta da un'unica, infinita distesa di acque. Il pesce condusse Manu al sicuro, sulla cima delle alte Montagne del Nord, l'Himalaya. Il Bhāgavata Purāṇa (VIII, 24) aggiunge che mentre era in corso il diluvio, il demone Hayagrīva si era impossessato dei Veda, rubandoli a Brahmā, che si era addormentato. Hayagrīva si era poi nascosto in fondo all'oceano, ma Matsya, lo sconfisse e recuperò i sacri testi che consegnò a Manu. Infine, gli insegnò i principi che devono guidare l'umanità durante il ciclo attuale, come pure la vera dottrina del Sé e dell'Immensità.

Matsya

2) Kurma, la tartaruga 

 La storia di Kurma è la continuazione della precedente e vi troviamo similitudini con la Titanomachia, la lotta tra dèi e titani della mitologia greca. La guerra tra dèi e Asura, ossia i demoni, non avviene però per il dominio sul mondo ma per la conquista dell'Amrita, la bevanda dell'immortalità, che era andata perduta durante il diluvio, insieme a tutte le altre cose terrene e celesti. Senza l'Amrita gli dèi avevano perso la loro virtù essenziale, quella della perpetuità. Allarmati, si rivolsero a Vishnū, il Sempiterno Restauratore, e implorarono il suo aiuto. Il dio, pietoso come sempre, accondiscese. Consigliò gli dèi e gli Asura ad unire le proprie forze per frullare l'oceano di latte al fine di estrarre da esso il nettare dell'immortalità. Fu preso il monte Meru, l'asse cosmico, come zangola e il serpente cosmico, come corda per la zangolatura, ma gli dèi e i demoni erano disperati poiché non riuscivano a trovare una base sicura sulla quale posare la possente zangola. Allora Vishnū assunse la forma di una gigantesca tartaruga che scese in fondo al mare e sulla cui ampia corazza gli dèi e i demoni poterono posare la zangola e realizzare il loro scopo. In questa forma Vishnū assume il ruolo di fondamento cosmico, ciò sul quale tutte le cose sono saldamente posate e senza il quale il mondo mancherebbe di stabilità. 

Una volta avuta l'Amrita, per gli dèi si presentò un altro grave problema: come fare perché non la bevessero anche i demoni? Si profilava il pericolo che, se anche gli Asura fossero diventati immortali, la pace non sarebbe mai più esistita nel mondo. Quando tutti si buttarono alla rinfusa per ingurgitare il nettare sublime, facendo tremare il mondo con terribile fracasso, apparve d'un tratto fra gli Asura una mirabile fanciulla, di nome Mohini. Stuzzicando gli Asura con irresistibili vezzi, Mohini cominciò a distribuire le coppe d'Amrita, avendo cura però di offrire agli dèi la bevanda immortale, mentre ai demoni porgeva solo acqua. A causa della loro natura depravata, gli Asura caddero nel tranello. Circondarono la donna, cercando ognuno di accattivarsene i favori, senza badare più all'Amrita. Così solo gli dèi bevvero il nettare dell'immortalità. Subito dopo Mohini sparì come per incanto: era stato Vishnū ad assumere quell'aspetto per ingannare gli Asura. In tal modo gli dèi saranno i padroni del nuovo mondo, conformemente al Ritam cosmico, l'Ordine divino. 

Mohini 

3) Varāha, il cinghiale 

Quando il demone Hiraṇyākṣa si impossessò della dea Pṛthivī (la Terra) e la trascinò sotto le acque cosmiche, Vishnū si manifestò in forma di Varāha, un immenso cinghiale. Tuffatosi nelle acque, Varāha combatté e sconfisse Hiraṇyākṣa. Poi issò Pṛthivī sul suo dorso e la condusse al di sopra delle acque: 

 Allora riportò a galla la Terra e la ristabilì galleggiante sopra l'Oceano come una grande nave. Dopo aver spianato la Terra, la adornò di montagne e la divise in sette continenti. Poi Colui-che cancella-il-dolore prese l'aspetto e i quattro volti dell'Essere immenso (Brahma) e, in accordo con la tendenza orbitante, creò la vita. (Vishnu Purana 1,4,45-50)

Varāha e Pṛthivī (Grotte di Badami) 

Sia nella forma di pesce, sia nell'aspetto di cinghiale, Vishnū interferisce drammaticamente nel processo cosmico. Egli agisce così per poter preservare gli elementi dell'ordine e della vita in mezzo al caos dirompente, rappresentato da un'infinita distesa di acqua. 

 4) Narasimha, l'uomo-leone

Prahlāda, figlio del potente e demoniaco re dei geni Hiraṇyākaśipu (Ricoperto d'oro), era un ragazzo pio, devoto a Vishnū. Il padre cercava di scoraggiare le sue inclinazioni religiose e gli inflisse crudeli tormenti ma senza successo. Il ragazzo sembrava protetto miracolosamente. Anche Hiraṇyākaśipu era invulnerabile. Una promessa di Brahma faceva sì che non potesse essere ucciso di giorno, né di notte, né da un uomo, né da un dio, né da animale, né con un'arma né a mani nude, né dentro il suo palazzo, né fuori. Infine, Hiraṇyākaśipu, trovando il figlio costantemente immerso nelle sue meditazioni, decise di ucciderlo, non prima però di essersi fatto beffe di lui. Era il crepuscolo quando lo invitò a una disputa sul Visnuismo, e si trovavano sotto le colonne della sala del trono. "Dov'è il tuo onnipresente Vishnū", chiese malignamente il padre-demone al figlio. "Dappertutto!" rispose l'impavido giovane. "Pure in queste colonne?" sogghignò il padre snaturato. "Senza alcun dubbio!" "Allora chiedi il suo aiuto, prima di morire!" e così dicendo, Hiraṇyākaśipu colpì con profondo disprezzo le colonne. Nello stesso istante, Vishnū si materializzò tra il colonnato, nelle spaventevoli sembianze d'un gigante metà uomo e metà leone, e sbranò l'arrogante despota. Così fu rispettato anche il dono di Brahma perché Hiraṇyākaśipu fu ucciso al crepuscolo (che non è né giorno né notte), da un uomo dalla testa di leone (che non è uomo né animale), con degli artigli (né con un'arma né a mani nude) e uscendo da una colonna (quindi né dentro né fuori dal palazzo).

5) Vāmana, il nano

 Grazie al suo coraggio e alla sua vita ascetica, Bali, il re degli Asura, aveva ottenuto il dominio dei tre mondi. Gli dèi, privati delle loro residenze e del profumo dei sacrifici, chiesero aiuto a Vishnū. Questi, per soccorrerli, nacque nella forma di Vāmana, un nano della casta sacerdotale. Il giorno di una grande festa religiosa in cui i Brahmani girovaghi erano accolti con reverenza nelle corti e colmati di doni, Vāmana, si presentò davanti al virtuoso Bali. Gli chiese di concedergli il pezzetto di terra che sarebbe riuscito a percorrere con tre dei suoi piccoli passi. Quando Bali accordò l'insignificante dono, il nano si trasformò nel gigantesco Vishnū Trivikrama ("tre passi"); col primo passo coprì il mondo terrestre, con il secondo il cielo e, poiché non c'era più un posto dove mettere il piede, lo posò sulla testa di Bali e lo affondò nel mondo degli inferi. Bali, legato alla promessa, prese atto della sconfitta ma Vishnū, riconoscendone le virtù gli lasciò il mondo sotterraneo per farne il suo regno. 

Vāmana e Bali 

Per la redazione del testo si è ampiamente fatto ricorso ai seguenti testi:

Alain Daniélou, "Miti e dèi dell'India";

Angelo Morretta, "I miti indiani";

David Kinsley, "Avatāra", in "Dizionario degli dèi. Mediterraneo - Eurasia - Estremo Oriente", a

cura di Mircea Eliade.

Roberto Gerbi (DrRestless)