Dialoghi impossibili

L'umorismo e la capacità di raccontare storie sono il modo migliore per pensare, dubitare, capire, insegnare, imparare, arrabbiarci, disobbedire, ribellarsi, costruire, distruggere (ma stiamo attenti a cosa) e...altro ancora.
Questo libro di queste cose ce ne ne fa fare parecchie, in modo indolore, con la risata come anestesia locale, che permette l'intervento lasciando sveglia la coscienza. Uno dei maggiori suoi meriti, almeno per me, è quello di non lasciarsi incasellare in un genere prestabilito (lo stesso autore a tale domanda non sa rispondere) perché saltabecca con elegante impertinenza qua e là nella scienza, nella storia, nella religione, nella politica, nella cronaca nera, nell'arte... Basta, troppi puntini di sospensione, facciamo qualche esempio.
Sfogliando il libro
No, aspetta.
Un bel giorno ti sei alzato in piedi.
Ti sei alzato in piedi e hai cominciato a barcollare, poi a camminare e poi a correre. E non hai più smesso. Hai cominciato a raccogliere roba da terra e, quando hai raccolto una pietra, ci hai fatto la punta, hai preso un bastone e ci hai fatto una lancia, hai ammazzato un cinghiale, acceso un fuoco e cucinato la carne. Hai iniziato a chiacchierare del più e del meno. Hai lavorato il ferro, hai lavorato il bronzo, hai lavorato la terra, ti sei messo un paio di pantaloni e hai cominciato ad andare ai funerali dei tuoi amici. Hai inventato la ruota e te ne sei andato in giro per il mondo. Hai iniziato a tenere un argilloso diario segreto. Un giorno ti sei fermato vicino a un fiume pescoso e hai cominciato a costruirci attorno.
Nel tempo libero hai cercato di spiegare tutto quello che non riuscivi a capire, e a pregare tutto quello che non riuscivi a spiegare. Hai costruito un aratro, un altare, una statua, una piazza e una tomba pacchiana. Hai iniziato a usare sempre più spesso la parola «mio».
Hai cominciato a fumare, a bere, hai fondato un impero, poi l'hai perso, poi ne hai fondato un altro, poi l'hai perso. Poi ne hai fondato un terzo e quando t'hanno distrutto pure quello ti sei guardato un attimo intorno con aria spaesata, e ne hai fondato un altro.
Hai iniziato a pensare di pensare. A darti delle arie. Hai astratto, misurato, dimostrato, teorizzato, armonizzato, legalizzato, scolpito, dipinto e raccontato. Hai distinto con pignoleria il dorico dallo ionico e dal corinzio. Con una certa cautela, ti sei dichiarato molto più intelligente di tutti gli altri. Gli altri non hanno obiettato e tu hai tirato un sospiro di sollievo.
Hai esplorato, navigato, circumnavigato, valicato, scalato, traversato e, quando sei arrivato dall'altra parte, hai venduto all'ingrosso.
Hai saccheggiato, schiavizzato, sterminato, perseguitato, deportato, crocifisso, massacrato, fucilato, nuclearizzato e nelle pause ti sei civilizzato. Hai comprato un cappello nuovo, scarpe comode e mutande pulite. Tutti t'hanno detto che stavi bene. E ti sei fidato. Ti sei ammalato, hai dubitato, complottato, protestato, sei insorto e t'hanno menato. Hai creduto a quello che passava il convento. Hai imparato a usare un piccone, un telaio, una pressa idraulica, una calcolatrice e una tastiera. Sei andato sulla Luna e sei pure riuscito a tornare. Ti sei emancipato, hai chiesto scusa, hai votato, hai preso la pillola e hai cercato in ogni modo di nascondere all'altra metà del mondo il fatto che sono la metà sfigata.
Un bel giorno hai comprato un modem, hai smesso di correre, ti sei seduto un attimo e ti sei connesso a internet.
E hai scoperto che non hai imparato niente.
Insomma si tratta di un saggio profondo e colto travestito da libro umoristico; per apprezzarlo occorre un solido retroterra culturale, ma nessuna paura, Wikipedia viene in soccorso, lo dico per esperienza personale.
Punti deboli
– Achille!
– Re Agamennone in persona, a cosa devo l'onore?
– Stiamo per attaccare e volevo sapere se il più forte fra i nostri guerrieri è pronto a gettarsi nella mischia.
– Sono sempre pronto.
– È ciò che volevo sentire. Bene, ecco come procederemo: i carri da guerra e gli arcieri si muoveranno lungo una linea... che cos'è?
– Questa?
– Sì.
– È la mia armatura. Forgiata da Efesto in persona. Ti piace?
– No, bella è bella, ma scusa...
– Cosa?
– I copritalloni?
– Non li metto.
– Per favore, non cominciamo di nuovo con sto discorso.
– T'ho detto che non li metto e non li metto.
– Achille, cortesemente, una cosa t'ho chiesto! Una! Di mettere quei minchia di copritalloni!
– Coi copritalloni mi sento soffocare.
– È biologicamente impossibile sta cosa che ti senti soffocare dai talloni!
– Invece sì, io respiro molto coi piedi.
– Ascoltami, ragiona un secondo, te sei invincibile.
– Invincibilissimo.
– Issimo, sì, bravo. Tranne che in un punto.
– Un punto.
– E quel punto è...?
– È?
– No, dico, quel punto è?
– Il tallone?
– Il tallone! Mortacci tua! Puoi andarci fuori nudo a combatterli, sti disgraziati! Ho visto con questi occhi uno tirarti una spadata sul cazzo e la spada s'è rotta in due, però i copritalloni, figlio mio, li devi mettere.
– Altrimenti?
– Metti che uno con una freccia ti piglia il tallone.
– Tu mi vuoi dire che io adesso esco e uno di questi arcieri incompetenti scopacugine dei troiani mi becca proprio a me e proprio sul tallone. Mi sembra statisticamente inverosimile.
– Oh, vedi tu, ne tirano un migliaio di frecce al giorno, perché correre il rischio?
– Secondo me il rischio non c'è. Poi sta cosa del tallone non si sa neanche se è vera.
– Ma sì che è vera! Me l'ha detto pure tua madre che t'ha inzuppato tutto tenendoti per il tallone. Che poi bastava perdere quei due secondi per girarti un attimo... Comunque, l'altro giorno lo hai sbattuto contro lo spigolo di un mobile e t'è venuto un mezzo ictus. Non credo sia stata una coincidenza.
– Esagerazioni. Vogliono farmi sembrare debole. Io sono abituato a combattere senza, non puoi pretendere che cambi le mie abitudini così, da un giorno all'altro.
– Ma è della tua vita che stiamo parlando.
– Nessuno è mai morto per una freccia sul tallone. Non ci sono organi vitali nel tallone.
– Ma tu sì! Tu puoi! Funziona così, sta cosa! È tutto il concetto del personaggio Achille! Ti ricordi che siamo andati dall'Oracolo di Delfi?
– Sì.
– Che ha detto l'Oracolo di Delfi?
– ...
– Che ha detto?
– Ha detto di mettere i copritalloni.
– E metti sti cazzo di copritalloni!
– Non mi fido dell'Oracolo di Delfi. Chissà chi lo finanzia.
– E infatti siamo andati pure dall'Oracolo di Olimpia, e che t'ha detto l'Oracolo di Olimpia?
– Di mettere i copritalloni. Però dai, si sa che l'Oracolo di Olimpia è politicamente schierato.
– Pure Esculapio te l'ha detto!
– Non mi convince Esculapio. Non mi sembra professionale.
– È il dio della medicina!
– Appunto, e figurati se uno così non fa i suoi interessi. C'è un business dietro, cosa credi? Mezzo Peloponneso confeziona copritalloni.
Il dio del fiume
– Che combini?
– Il solito, vivo e muoio senza un progetto.
– Ma scusa, perché non ti prendi un dio del fiume?
– Un che?
– Un dio del fiume. Ma dove vivi? Ce l'hanno tutti.
– E che fa, sto dio del fiume?
– Dà un senso a tutto.
– A tutto?
– A tutto.
– E come funziona?
– Facile, ti metti lì sulla riva e preghi il dio del fiume. E gli chiedi cose.
– Tipo?
– Non lo so, di salvarti, di punirti, delle orate.
– Gradirei delle orate. E anche salvarmi.
– Vedi? Adesso un progetto ce l'hai.
– Costa tanto?
– No, però t'avverto: è una killer application . Io ci perdo le giornate.
– Uei.
– Ancora qua stai?
– Eh?
– Dico, ancora in riva al fiume come un pirla?
– Ma io credevo...
– Dai, tirati su che sei ridicolo. Guardati, stai pregando un fosso. Non ti vergogni?
– Ma il dio del fiume...
– Ma il dio del fiume è superato!
– Ma tu prima...
– Senti, t'ha mai dato qualcosa di concreto, sto dio del fiume?
– M'ha affogato due figli.
– Ecco.
– Però tu hai detto...
– E allora basta! Mi sembri mia madre, ancora in fissa col dio del fiume. Il futuro è il politeismo.
– Il che?
– Ciccio, mentre te stavi là a pregare sassi e sterpi, il mondo è andato avanti. Il mio dio adesso ha orecchie, faccia, culo, addominali e una personalità. Ci parlo, ci comunico, mi dice cosa fare, come farlo e quando muoio mi dice dove andare.
– E dove vai? Nella Grande Prateria?
– Cheppalle sta Grande Prateria, fa così old gen . Adesso c'è un nuovo sistema operativo. L'aldilà.
– L'aldilà.
– Senti come suona bene?
– E che differenza c'è?
– Ha molta più risoluzione. E poi di questi dèi non ne ho più solo uno. Ne ho decine.
Decine?
– Uno per ogni esigenza del vivere civile. Diversificazione. Customer care. Guarda, vuoi fare la guerra? Clicchi su Ares. Vuoi innamorarti? Lo dici ad Afrodite. Vuoi un buon raccolto? Pigi su Demetra.
– Mi sembra così complicato, cioè col dio del fiume mi trovavo bene, andavo al fiume e...
– E ti rompevi i coglioni. Qui è tutto dinamico, tutto colorato, vai in un tempio, vai in un altro, preghi uno, preghi l'altro, li preghi assieme, fai le orge, i riti, i baccanali. E il parco divinità è costantemente aggiornato.
– Ma ti costerà uno sproposito!
– Niente affatto, è tutto rateizzabile. E che cosa vuoi che sia un cesto di frutta alla settimana o un capretto ogni tanto per raggiungere tutti gli altri nel futuro?– Oh, te lo devo dire, sto politeismo mi ha cambiato la vita.
– Ancora a perder tempo col politeismo?
– Come ancora... perché?
Guardati, cazzo, a quanti dèi stai?
– Compresi i figli incestuosi?
– Sì.
– Settantasei.
– Ma ti pare cosa? Guarda le icone che c'hai. Sembra che su sto desktop ti ci abbia vomitato sopra il dottor Moreau. Cos'è quello? Un coccodrillo?
– Ha la testa di coccodrillo.
– E che fa?
– È patrono della fertilità e dei rapporti di coppia...
– Ti fai dare consigli sessuali da un rettile. Manco lo sai come scopa, lui!
– Mi ha detto di essere gentile e sincero, e di alternarmi con la femmina nella covata.
– Ma non ti sei stufato di correre da un tempio all'altro tutto il giorno? Ammettilo, cosa ti ha mai dato il politeismo?
– Polpacci forti e una latente zoofilia.
– Basta, basta! Non sei stanco di andartene in giro con tutti sti device, con sto telecomandone ingombrante da tremila tasti che manco sei capace di usare? Guarda qua.
– Cos'è?
– Questo è Dio.
– Cos'è Dio?
– Dio è il monoteismo, brutto troglodita! Semplicità, ergonomia, less is more .
– Sì, va be', ma è uno solo, non mi sembra sto grande affare.
– Perché sei un bifolco ignorante. Dio è slim, è minimal. In ginocchio davanti all'eleganza dei colori pastello! Tre tasti in uno: padre, figlio e spirito santo. E con questi fai tutto. Dove lo trovi un altro così?
– Ma è come il dio del fiume.
– E basta con sto dio del fiume! Chi sei? Wilbur Smith? Te lo devi scordare, sto fiumaccio. Dio è molto meglio.
– Perché?
– Intanto è ovunque. È wireless. Non devi farti trenta chilometri fino a un terreno sacro, non devi allacciarti a un altare o infilarti in un tempio che puzza di piscio e frutta marcia per pregarlo.
Puoi interagirci dove ti pare, pure da casetta tua.
– Ah sì?
– E poi c'è la retrocompatibilità.
– In che senso?
– Nel senso che quando tu credevi di pregare la marana sotto casa o quello mezzo nudo con la faccia da upupa, stavi in realtà pregando lui.
– Ma dai.
– Certo, quindi hai tutte le tue impostazioni salvate e pure le preferenze. E adesso hai tu il controllo! Basta preti invadenti e pedanti sacerdoti. Vuoi il dio incazzoso e bigotto? O magari preferisci il dio liberal e un po' hippy? O forse ti fa comodo il dio materialista protestante per giustificare la casa al mare? Ti basta modificare leggermente i parametri. E arriva in tante belle cover. Verde islamico, arancione buddhista, blu ebraico o così per il rastafarianesimo.
– Quella è la faccia di Bob Marley?
– O di Dio. Che ne sai? Questo è il bello, è un'applicazione aperta alla customizzazione. Il monoteismo è quello che fa per te! Aspetta... sei omosessuale?
– No.
Il monoteismo è quello che fa per te!– Te lo devo dire, questo monoteismo è proprio comodo.
– Questo cosa?
– Monoteismo.
– Cioè, vai ancora in giro col monoteismo?
– Ehi! Me l'hai detto tu!
– Ma non lo sai che Dio è morto? Ma non li leggi i tedeschi? È finita da mo l'era oscura della divinità oppressiva coi suoi comandi e le sue nevrosi. Ora siamo liberi.
– Niente più telecomando?
– No!
– Ma a me piaceva.
– Ti ha mai dato qualcosa il monoteismo? Sii sincero.
– Senso di colpa.
– E allora lo vedi? Lo vedi che fai bene a mollarlo?
– Ma... ma... io adesso come faccio, scusa?
– Perché?
– Come perché? Io adesso ho questo disperato bisogno di credere, di... di profeti e verità assolute, di dogmi e salvezza, di fede cieca e asservimento morale. Di qualcuno che quotidianamente mi dica chi è il bene e chi è il male, come distinguerli e in che modo stare sempre dalla parte del giusto. Di qualcosa che ogni giorno mi dia interpretazioni e risposte e non mi costringa mai a farmi domande.
– Senti, ti ho mai parlato di Facebook?