Che dice la pioggerellina di marzo Le poesie nei libri di scuola 1

La retorica delle poesie presenti sui libri di testo, accompagnata da commenti assimilabili a dissezioni anatomiche, ha funestato molte generazioni di studenti di ogni ordine e grado, compromettendo irrimediabilmente ogni futuro, positivo approccio a questa forma letteraria.
La riforma Gentile del 1923, "la più fascista delle riforme", stabiliva le direttive per un'educazione funzionale ai valori del regime. Nell'anno scolastico 1930-31 il libro di testo unico assestava un ulteriore duro colpo alla libertà di insegnamento, l'indottrinamento doveva essere precoce e martellante.
Durante gli anni '50, e in parte nel decennio successivo, i principi fondanti dei programmi scolastici e gli scopi educativi non cambiarono di molto: infanzia, famiglia, sentimentalismo zuccheroso; visione idilliaca della natura; lavoro e sacrificio, destino ineluttabile; religione consolatoria. Assenti i riferimenti al Fascismo, alla Resistenza, ai cambiamenti della vita economica e sociale che il Paese stava vivendo nella ricostruzione post bellica, nessuno stimolo per l'esercizio del pensiero critico. Le poesie quasi tutte rigorosamente in rima, facili da mandare a memoria, recitate magari in coro nell'aula, inculcavano i valori dominanti e coltivavano il consenso. Molti di noi, anche se sfuggiti a quelle trappole ne ricordano alcuni versi.

Il piccolo campione riportato è tratto dal libro Che dice la pioggerellina di marzo a cura di Piero Manni, per qualcuno sarà un ritrovare vecchie conoscenze.
Pargolette mani ed altro
GIOSUÈ CARDUCCI
PIANTO ANTICO
L'albero a cui tendevi
la pargoletta mano,
il verde melograno
da' bei vermigli fior,
nel muto orto solingo
rinverdì tutto or ora,
e giugno lo ristora
di luce e di calor.
Tu fior de la mia pianta
percossa e inaridita,
tu de l'inutil vita
estremo unico fior,
sei ne la terra fredda,
sei ne la terra negra;
né il sol più ti rallegra
né ti risveglia amor.
Citazione Anziché commuoversi di fronte allo strazio del poeta, gli irriverenti ragazzini raccontavano la seguente barzelletta: "Quanti figli aveva Carducci?" "Dodici: sei nella terra fredda e sei nella terra negra…"
Qualcuno già era in grado di difendersi con un sano cinismo. Siamo sinceri, la poesia è proprio brutta, non suscita commozione alcuna. Settenari tecnicamente perfetti, ma freddi.

ll pargolo è defunto, il poeta anche, ma la poesia è viva e vegeta e riscuote vasti consensi in rete.
ANGIOLO SILVIO NOVARO
TEMPO D'INFANZIA
Anni lontani.
Sull'uscio di casa
urlava la guerra
– col suono sgraziato
di cento sirene –
un canto di morte.
Ma dentro la casa
splendeva sereno
il sole robusto.

Forse era un bunker a prova di bomba l'abitazione di questi privilegiati.
LINA SCHWARZ
C'È UN NEONATO
C'è un neonato in casa mia:
chi non sa che cosa sia?
Un neonato è un fratellino
tutto nuovo e piccolino,
con due occhioni e una boccuccia
che dì e notte succia succia;
succia il latte e succia il dito
con un fare sbigottito.
Dorme spesso e strilla assai,
ma è carino quanto mai;
già lo dice anche la balia:
"È il più bel bimbo
che ci sia in Italia!"

Ogni scarrafone…
EDMONDO DE AMICIS
IL BIMBO A TAVOLA
Come trovo dipinto il mio bambino
in fin di desinare, è uno sgomento!
Ha le patacche addosso a cento a cento
e la bocca color di stufatino;
ha il nasetto, si sa, tinto di vino,
e sulla fronte un po' di condimento,
e uno spaghetto appiccicoso al mento,
che gli spenzola giù sul grembiulino.
E sfido, in tutto pesca e tutto tocca,
e si strofina la forchetta in faccia
e stenta un'ora per trovar la bocca…
E son tutti i miei strilli inefficaci:
egli, vecchio volpone, apre le braccia,
ed io gli netto il muso co' miei baci.

Son tutte belle le mamme del mondo
EDMONDO DE AMICIS
SE FOSSI PITTORE
Non sempre il tempo la beltà cancella
o la sfioran le lacrime e gli affanni:
mia madre ha sessant'anni,
e più la guardo e più mi sembra bella.
Non ha un accenno, un guardo, un riso, un atto
che non mi tocchi dolcemente il core;
ah, se fossi pittore,
farei tutta la vita il suo ritratto!
Vorrei ritrarla quando china il viso
perch'io le baci la sua treccia bianca,
o quando, inferma e stanca,
nasconde il suo dolor sotto un sorriso.
Pur, se fosse il mio priego in ciel accolto,
non chiederei di Raffael da Urbino
il pennello divino
per coronar di gloria il suo bel volto;
vorrei poter cangiar vita con vita,
darle tutto il vigor degli anni miei,
veder me vecchio, e lei
dal sacrificio mio ringiovanita.

Con buona pace di Edmondo, le sessantenni odierne (ed oltre) sono assai cambiate.
ZIETTA LIÙ
SE FOSSI
Mamma, se fossi il sole risplendente
ti farei coi miei raggi un bel mantello.
Sarebbe tanto ricco e tanto bello
che passeresti altera fra la gente.
Se fossi il vento della primavera
tutti i profumi ai fiori strapperei
e sopra la mia fresca ala leggera
a te, mammina mia, li porterei.

Basterebbe portare la vecchietta in un buon negozio di abbigliamento e in profumeria, ma la poesia circola ancora come si vede.
ADA NEGRI
LA MADRE
Vedova, lavorò senza riposo
per la bambina sua, per quel suo bene
unico, da lo sguardo luminoso;
per essa sopportò tutte le pene,
per darle il pan si logorò la vita,
per darle il sangue si vuotò le vene.
La bimba crebbe, come una fiorita
di rose a maggio, come una sultana,
da la materna idolatria blandita;
e così piacque a un uom quella sovrana
beltà, che al suo desio la volle avvinta,
e sposa e amante la portò lontana!...
...Batte or la pioggia dal rovaio spinta
ai vetri de la stanza solitaria
ove la madre sta, tacita, vinta:
schiude essa i labbri, quasi in cerca d'aria;
ma pensa: "La diletta ora è felice..."
E, bianca al par di statua funeraria,
quella sparita forma benedice.

Emilio Sommariva, Ritratto di Ada Negri (1914)
La maternità senza il sacrificio non è mai contemplata da questa scrittrice, le sue poesie sono ancora apprezzate.
CITAZIONE Rassegnazione decadentista per la fascistissima Ada Negri.
GIUSEPPE UNGARETTI
LA MADRE
E il cuore quando d'un ultimo battito
avrà fatto cadere il muro d'ombra,
per condurmi, Madre, sino al Signore,
come una volta mi darai la mano.
In ginocchio, decisa,
sarai una statua davanti all'Eterno
come già ti vedeva
quando eri ancora in vita.
Alzerai tremante le vecchie braccia,
come quando spirasti
dicendo: Mio Dio, eccomi.
E solo quando m'avrà perdonato,
ti verrà desiderio di guardarmi.
Ricorderai d'avermi atteso tanto,
e avrai negli occhi un rapido sospiro.

Diciamo solo che il grande Poeta ha fatto di meglio.
Rimorsi di scuola
MARINO MORETTI
LE PRIME TRISTEZZE
Ero un fanciullo, andavo a scuola: e un giorno
dissi a me stesso: "Non ci voglio andare".
E non ci andai. Mi misi a passeggiare
solo soletto, fino a mezzogiorno.
E così spesso. A scuola non andai
che qualche volta, da quel triste giorno.
Io passeggiavo fino a mezzogiorno
e l'ore... l'ore non passavan mai!
Il rimorso tenea tutto il mio cuore
in quella triste libertà perduto;
e l'ansia mi prendea d'esser veduto
dal signor Monti, dal signor dottore.
Pensavo alla mia classe, al posto vuoto,
al registro, all'appello (oh! il nome, il nome
mio nel silenzio!) e mi sentivo come
proteso sull'abisso dell'ignoto...
In fine io mi spingea fino ai giardini
od ai viali fuori di città;
e mi chiedevo: "Adesso chi sarà
interrogato, Poggi o Poggiolini?"
E fra me ripetevo qualche brano
di storia (Berengario... Carlo Magno...
Rosmunda...) ed era la mia voce un lagno
ritmico, un suono quasi non umano...
E quante, quante volte domandai
l'ora a un passante frettoloso; ed era
nella richiesta mia tanta preghiera!
Ma l'ore... l'ore non passavan mai!

ZIETTA LIÙ
IL QUADERNO PIANGE
Un quaderno di dettato
piange lì, nella cartella.
"Sono proprio disgraziato!
tutto macchie e scarabocchi,
tutto sgorbi, tutto zeri!
Piangerei, se avessi gli occhi!
Mi sto proprio a domandare:
Alla scuola, questo bimbo,
cosa, cosa ci va a fare?"

La macchia di una scuola che colpevolizzava gli ultimi della classe.
Devozione
ALEARDO ALEARDI
CHE COSA È DIO
Nell'ora che nel bruno firmamento
comincia un tremolìo
di punti d'oro, d'atomi d'argento,
guardo e dimando: "Dite, o luci belle,
ditemi, cosa è Dio?"
"Ordine" mi rispondono le stelle.
Quando all'april la valle, il monte, il prato,
i margini del rio,
ogni campo dai fiori è festeggiato,
guardo e dimando: "Dite, o bei colori,
ditemi, cosa è Dio?"
"Bellezza" mi rispondono quei fiori.
Quando il tuo sguardo innanzi a me scintilla
amabilmente pio,
io chiedo al lume della tua pupilla:
"Dimmi, che cosa è Dio?"
E la pupilla mi risponde: "Amore".

Che la natura sia un po' più complessa di così, che in natura non ci sia solo ordine e bellezza; e che non tutte le creature non sono amate nella stessa maniera, vista la loro triste vita, non è contemplato dal poeta.
RAINER MARIA RILKE
INVOCAZIONE A DIO
Spegnimi gli occhi, ed io Ti vedo ancora;
rendimi sordo, e sento la tua voce;
mozzami i piedi, e corro la tua strada;
senza favella, a Te sciorrei preghiere.
Dirompimi le braccia, ed io Ti stringo
col cuore mio, fatto, repente, mano.
Se fermi il cuore, batte il mio cervello;
ardi anche questo: ed il mio sangue, allora,
Ti accoglierà, Signore, in ogni stilla.

Fonte https://www.leggoerifletto.it/grazie-signore.html
Quando si dice la vocazione al martirio.
RENZO PEZZANI
L'ANGELO CUSTODE
Dice il Signore all'Angelo:
"Corri da quel bambino
e restagli vicino.
Non lo lasciar giammai".
"Signor, cosa gli dico
se mi chiede chi sono?"
Digli: "Io sono un dono
di Dio. Sono l'amico".
"E se piange che faccio?"
"Fa' come il pastorello.
Quel bambino è un agnello,
e tu lo prendi in braccio."
"E se gioca?" "Tu giochi.
I bambini innocenti
van felici di pochi
sassolini lucenti."
"Se ha sonno che ho da fare?
Sono così maldestro."
"Mettilo in un canestro
e lo fai dondolare."
L'Angelo via volò.
Ed era già lontano
nel ciel, che si voltò
per chieder più piano:
"E se ammala? Se muore?"
"Riportalo al Signore!"

Gli Angeli hanno sempre avuto un gran da fare a riportare al Signore i bambini vittime di guerre e abusi.
Il sacro suolo
ORESTE BONI
ALL'ITALIA
Cara Italia, un giorno anch'io,
forte il braccio e ardito il cor,
ti darò, volendo Iddio,
segno aperto del mio amor.
Ove mai gente straniera
venga l'Alpi a minacciar,
mi vedrà la tua bandiera,
esultando a lei volar.
Sarà dolce a questo petto,
se il momento ha da venir,
nel tuo nome benedetto
mandar l'ultimo sospir.
Ma più dolce a' tuoi novelli
figli, o cara, un dì sarà,
senza guerre di fratelli
custodirti in libertà:
farti grande fra le genti,
come Roma un tempo fu,
non per armi prepotenti,
ma per nobili virtù.

Qui almeno, pur con la solita retorica, si contempla una guerra di difesa in vista di un'invasione armata; negli anni '50 la Resistenza era (o avrebbe dovuto ) essere ben presente, ottima occasione data agli insegnanti per parlarne. E invece no. La scuola tacque per molto tempo e ancora in gran parte lo fa. La chiusa riscatta il testo con un auspicio di pace.
CARLO ALBERTO BOSI
ADDIO MIA BELLA ADDIO
Addio mia bella addio,
che l'armata se ne va,
e se non partissi anch'io
sarebbe una viltà.
Il sacco è preparato,
il fucile l'ho con me,
ed allo spuntar del sole
io partirò con te.
Io non ti lascio sola
ma ti lascio un figlio ancor;
sarà quel che ti consola:
il figlio dell'amor.
Addio mia bella addio
che l'armata se ne va
e però non parto io
ché invece resto qua.
In questa terra in ostaggio
non basta il coraggio
ti scrivo e ti penso, Marì.
A questa terra speciale
aspetto Natale
ma Cristo non passa di qui.
Addio, mia bella, addio
e l'armata se ne va,
addio, mia bella, addio
sempre un uomo partirà
perché dentro al suo cuore
non chiede ragione,
ma guarda con gli occhi di chi
annulla distanze, accende speranze
non cerca per colpa di chi.
Addio, mia bella, addio
sempre un uomo partirà,
perché in fondo al suo cuore
non chiede ragione
ma guarda con gli occhi di chi
accende speranze, annulla distanze
non chiede per colpa di chi.
Ma in questa terra in ostaggio
non serve coraggio
ti scrivo e ti penso, Marì,
in questa terra speciale
non viene Natale
e Cristo non passa di qui.
Addio, mia bella, addio
e l'armata se ne va
addio, mia bella, addio.
Qui la storia della poesia scritta nel 1848, in pieno Risorgimento; fu messa in musica, celebrata e cantata anche negli anni a venire (e ancor oggi) per il suo amor di patria, mutandone via via scopi e contesto.
https://it.wikipedia.org/wiki/Addio_mia_bella_addio_(brano_musicale)
Ne esistono molte versioni, non so quale sia l'originale. Questa è leggermente diversa. Non sono escluse future ricerchehttps://youtu.be/3_abCVrLiNw?feature=shared
ZIETTA LIÙ
4 NOVEMBRE
4 novembre. O morti che dormite
a Redipuglia e in grembo alla rossiccia
terra del Carso: o voi che non udite
il giocondo squillar della fanfara,
morti in terre lontane, o voi caduti
giù nell'azzurra immensità del mare,
non vi ridesta un fremito di gloria?
Oggi son tutte al vento le bandiere:
dicono che fu vostra la vittoria.

Tutti questi stanno per ridestarsi, sventoleranno le bandiere, gridando: vittoria!
Una annotazione finale (senza commento)
(Gralli)