All'inferno, per amore 3

26.03.2025

Come abbiamo visto, la discesa agli Inferi è spesso motivata dal desiderio di riportare in vita una persona amata: Euridice per Orfeo, il fratello Balder per Hermod, la sorella sposa Izanami per Izanagi. Potremmo ricordare anche Gilgamesh che tenta di salvare Enkidu, suo fratello di sangue, Demetra che discende nell'Ade per sua figlia Proserpina, Dioniso per sua madre Semele o Eracle per Alcesti, moglie del suo amico Admeto. Al contrario degli dèi e degli eroi pagani, Gesù, per i suoi fedeli, non agisce per amore d'un singolo ma: Disceso da solo agli inferi, Cristo ne è risalito con una moltitudine.

 La discesa agli inferi di Cristo è un articolo di fede. San Paolo scrive: 

Ma che vuol dire: "Cristo è asceso" se non che egli è pure disceso nelle regioni inferiori della terra? Colui che è disceso è quel medesimo che è pure asceso al di sopra di tutti i cieli".2 

 E il Simbolo degli Apostoli 3 recita: Nacque da Maria Vergine, patì sotto Ponzio Pilato, fu crocifisso, morì e fu sepolto; discese agli inferi; il terzo giorno risuscitò da morte. 

Cosa fece Gesù in quei tre giorni? Nel Nuovo Testamento non viene detto molto, ma il Catechismo della Chiesa Cattolica sostiene che vi andò per liberare le anime dei giusti morti prima della sua venuta: Furono appunto le anime di questi giusti in attesa del Cristo a essere liberate da Gesù disceso all'inferno. Gesù non è disceso agli inferi per liberare i dannati né per distruggere l'inferno della dannazione, ma per liberare i giusti che l'avevano preceduto. 

Beato Angelico – Affresco del Convento di San Marco

1 Sant'Ignazio di Antiochia. 

 2 San Paolo, "Lettera agli Efesini". 4, 9-10. 

3 Tuttora in uso nella liturgia della Messa, in cui si alterna al "Credo" ossia al "Simbolo niceno-costantinopolitano", durante la Quaresima ed il tempo di Pasqua.

Per trovare particolari sulla discesa di Cristo agli inferi dobbiamo rivolgerci ai Vangeli apocrifi e in particolare al Vangelo di Nicodemo, secondo il quale Gesù infrange le porte sbarrate degli inferi per liberare i Patriarchi, i profeti e gli altri personaggi dell'Antico Testamento, come Adamo, suo figlio Set, Mosè, Davide, Isaia. In questo e altri scritti simili si afferma che vengano liberati anche molti personaggi dei Vangeli: l'anziano sacerdote Simeone, il buon ladrone Disma e Giovanni Battista. 

 Satana rispose: "O tu che divori tutto e sei insaziabile, hai tanta paura per quanto hai udito a proposito del comune nostro nemico? lo non ne ebbi paura, ma lo consegnai in mano agli Ebrei che lo misero in croce e l'abbeverarono con aceto e fiele. Preparati dunque ad afferrarlo fortemente allorché verrà". L'Ade rispose: "O erede delle tenebre, figlio della perdizione, diavolo, tu mi hai detto or ora che, con la sola parola, egli ha dato la vita a molti che erano ormai pronti per essere sepolti: se ha liberato altri dal sepolcro, come e con quale forza potrà essere egli trattenuto presso di noi? In verità, poco tempo addietro io inghiottii un morto di nome Lazzaro e dopo poco tempo uno di tra i vivi lo strappò dalle mie viscere con la sola parola. Penso che costui sia quello di cui tu hai parlato. Temo dunque che se lo riceviamo qui, metteremo in pericolo anche gli altri. Io ho inghiottito tutti gli uomini fin dall'inizio; ma ecco che sono agitati, ed io ho male alla pancia. Per me non è un buon segno quel Lazzaro che mi è stato strappato: egli infatti fuggì da me non come morto, ma come un'aquila; la terra lo respinse fuori istantaneamente così. Ti scongiuro, perciò, per tutto ciò che è caro a te e a me, di non condurlo quaggiù. Penso, infatti, che verrà qua per risuscitare tutti i morti. Questo ti dico: in verità, per le tenebre che ci circondano, non portarlo quaggiù se no in me non rimarrà più alcun morto. 4

4 Vangelo di Nicodemo.  

Particolari ancora più precisi e inquietanti della discesa di Cristo agli Inferi sono contenuti negli scritti di Anna Katharina Emmerick.5

 Vidi […] il Salvatore avvicinarsi, severo, al centro dell'abisso. L'inferno mi apparve come un immenso antro tenebroso, illuminato appena da una scialba luce quasi metallica. Sulla sua entrata risaltavano enormi porte nere, con serrature e catenacci incandescenti. Urla di orrore si elevavano senza posa da quella voragine paurosa. […] Quando gli Angeli, che scortavano Gesù, avevano abbattuto le porte infernali, si era sollevato come un subisso d'imprecazioni, d'ingiurie, di urla e di lamenti. Alcuni Angeli avevano cacciato altrove sterminate torme di demoni, i quali avevano poi dovuto riconoscere e adorare il Redentore. Questo era stato il loro maggior supplizio. Molti di essi venivano quindi imprigionati dentro una sfera, che risultava di tanti settori concentrici. Al centro dell'inferno si sprofondava un abisso tenebroso, dov'era precipitato Lucifero in catene, il quale stava immerso tra cupi vapori. 

 5- 1774-1824, monaca tedesca, venerata come beata dalla Chiesa cattolica, che le attribuisce doti di veggente e altri doni soprannaturali, come stigmate, levitazione, bilocazione, divinazione ed estasi. Da alcune sue visioni ha preso spunto Mel Gibson per il suo film "Passion".

Beren e Lúthien

La storia di Beren e Lúthien, una delle più alte creazioni di Tolkien, è forse la più adatta a concludere le storie di discese agli Inferi per amore. Come in un compendio, vi si intrecciano elementi della mitologia greca, di quella norrena e la fede cristiana dell'autore. Tolkien era particolarmente legato a quest'opera, in cui il pianto si accompagna alla gioia e, all'ombra della morte, luce imperitura, 6 poiché vi riconosceva un forte carattere autobiografico. Era stata composta nella primavera del 1918, quando Tolkien aveva ventisei anni. Inizialmente non si trattava di un racconto in prosa come quello che leggiamo nel Silmarillion, ma di un poemetto in versi, intitolato The Lay of Beren and Lúthien. 

Lúthien Tinúviel, cioè usignolo, è una dama elfica di stirpe reale che vive nei boschi del Doriath, nella parte nord-occidentale della Terra di Mezzo. Il suo destino s'intreccia con quello di un uomo, Beren figlio di Barahir, alleato degli elfi nella lotta contro il Nemico, Morgoth.7 Beren, poiché tutti i suoi compagni sono stati uccisi durante un assalto notturno degli orchi, è costretto alla fuga.

6 J.R.R. Tolkien, "Silmarillon". 

7 Nel mondo di Arda, dove si svolgono tutte le storie di Tolkien, gli dèi, generati dal pensiero del Creatore, sono detti Ainur; quelli tra loro che hanno deciso di rimanere nel mondo sono chiamati Valar. Morgoth, originariamente chiamato Melkor, è una sorta di angelo ribelle.

Dopo aver vagato a lungo per terre desolate riesce a penetrare nei boschi del Doriath, un'impresa mai compiuta da nessun uomo, in quanto questi boschi sono protetti da un potente incantesimo che permette di addentrarvisi solo agli elfi: 

 Si narra […] che Beren entrò in Doriath incespicando, reso grigio e curvo come da molti anni di dolore, tali e tanti erano stati i tormenti della via. Ma, aggirandosi d'estate tra i boschi di Neldoreth, si imbatté in Lúthien, figlia di Thingol 8 e Melian, ed era di sera, nel momento in cui la luna saliva in cielo, e Lúthien danzava sull'erba sempre verde nelle radure lungo le rive dell'Esgalduin. Ed ecco il ricordo di tutte le sofferenze abbandonò Beren, ed egli cadde in preda a un incantesimo, poiché Lúthien era la più bella di tutti i Figli di Iluvatar. Azzurro era il suo abito come il cielo senza nubi, ma grigi i suoi occhi come la sera stellata; il suo mantello era contesto di fiori dorati, ma i capelli erano scuri come le ombre del crepuscolo.

 La fanciulla sparì nel folto del bosco e, da quel momento Beren non smise di cercarla. Quando avvenne un secondo incontro, anche Lúthien cadde preda della sorte e si innamorò di lui. Lei era però di stirpe elfica, e per di più figlia di re, mentre Beren era solo un uomo, destinato alla morte, al contrario degli elfi che sono immortali. Per questo motivo non vi erano mai state unioni tra le due stirpi. Re Thingol s'infuriò alla sola idea che un uomo potesse posare gli occhi su sua figlia e per impedire che il loro amore continuasse, propose a Beren una folle impresa. 

 Anch'io desidero un tesoro che mi è negato. Infatti, rocce, acciaio e i fuochi di Morgoth custodiscono la gemma che vorrei possedere più di tutti i poteri dei regni degli Elfi. Ma ho udito dire che ostacoli del genere non ti sgomentano. Mettiti dunque per via! 

Se Beren fosse riuscito nell'impresa di conquistare uno degli splendenti silmaril, le gemme elfiche che giacciono incastonate nella corona di ferro di Morgoth, avrebbe ottenuto come ricompensa la mano di Lúthien, il gioiello più prezioso di tutto il mondo. Senza alcuna pietà per Beren, che accettò la proposta, il re degli Elfi lo spedì verso una morte sicura. Molti sono i pericoli che Beren affrontò per amore di Lúthien nel suo viaggio verso le porte di Angband, l'immensa fortezza sotterranea di Morgoth, nell'estremo nord della Terra di Mezzo. Dopo un lungo peregrinare l'eroe fu catturato dai servi del Nemico e i compagni che avevano deciso di condividere la sua avventura furono tutti uccisi. Nel frattempo, Lúthien fu confinata da suo padre su un'alta betulla, per impedirle di correre in aiuto a Beren. Con un espediente simile a quello impiegato da Rapunzel, ossia usando una corda intrecciata coi suoi lunghi capelli per calarsi dall'albero, riuscì a fuggire. Quindi, aiutata dal "mantello ombroso" che rende invisibili e da Huan, il cane di Valinor, riuscì a incantare i nemici e a liberare l'amato. Insieme i due raggiunsero le pendici della catena montuosa sotto cui sorge Angband. All'ingresso di questo luogo infernale si trovava il terribile Carcaroth, un enorme lupo mostruoso; i due riuscirono a scampare ancora una volta al pericolo attraverso l'arte magica di Lúthien che li rese invisibili e giunsero infine al cospetto del potente Morgoth, il Vala decaduto, dio malvagio. 

 Lúthien non fu intimorita dai suoi occhi; e gli disse il suo nome; e si offrì di servirlo cantando al suo cospetto alla maniera di un menestrello. Allora Morgoth, ammirandone la bellezza, concepì in cuor suo una sconcia brama, e un disegno più oscuro ancora di quanti non gli fossero nati dentro dacché era fuggito da Valinor. Così accadde che fosse ingannato dalla sua stessa nequizia, perché stette a osservarla, lasciandola per qualche tempo libera e concedendosi segreti piaceri nella propria mente. Ed ecco che, all'improvviso, Lúthien scomparve alla sua vista, e dall'ombra intonò un canto di così sopraffacente bellezza e di tanto accecante potere, che Morgoth non poté non ascoltarlo; e la cecità calò su di lui, e i suoi occhi vagavano di qua e di là, alla ricerca di Lúthien.9

 8 Elu Thingol è il Supremo Signore delle genti del Doriath, Re dei Sindar, Alto Re del Beleriand. 

9 J.R.R. Tolkien, "Silmarillon". 

La dama elfica gettò un mantello incantato su Morgoth facendolo piombare nel sonno e Beren riuscì a strappargli un silmaril dalla corona di ferro; quindi, i due fuggirono, un attimo prima che il dio si ridestasse. Lúthien era però ormai spossata dalla fatica e niente poté contro Carcaroth, che li attendeva davanti al cancello di Angband impedendo la loro fuga. Beren affrontò da solo il lupo, che azzannandolo gli mozzò la mano che reggeva il silmaril. La luce sacra del gioiello corrose le viscere della bestia e la rese folle dal dolore. Con le sue ultime energie Lúthien curò la ferita di Beren svenuto, e i due furono riportati in salvo nella foresta di Doriath dalla grande aquila Thorondor. Impazzito di dolore Carcaroth irruppe furente nel Doriath, distruggendo tutto ciò che incontrava. Re Thingol, alcuni guerrieri elfici e Beren diedero inizio alla caccia al lupo. Durante lo scontro finale la bestia si scagliò contro Thingol ma Beren gli si parò incontro con la lancia. Il lupo lo travolse ferendolo mortalmente al petto. Soltanto Huan, il cane di Valinor, riuscì a tenere testa al terribile Carcaroth e i due animali finirono per uccidersi a vicenda. Lúthien  abbracciò e baciò Beren morente e lo pregò di attenderla di là del Mare Occidentale, nelle aule di Mandos, dove gli spiriti degli uomini morti sostano, prima che sia stabilito il loro destino.10 

 Ma lo spirito di Lúthien piombò nel buio, e alla fine fuggì, e il corpo di lei giacque simile a un f iore che sia d'un tratto svelto e per un po' rimanga, incorrotto, sull'erba. […] Lúthien però giunse alle aule di Mandos, dove stanno i luoghi riservati agli Eldalië, di là dalle dimore dell'Ovest, ai confini del mondo. Ivi coloro che attendono se ne stanno nell'ombra dei loro pensieri. Ma la bellezza di Lúthien era più che la loro bellezza, e il suo dolore più profondo del loro; e Lúthien si inginocchiò davanti a Mandos e cantò per lui. Il canto di Lúthien al cospetto di Mandos fu il più bello che mai sia stato contesto in parole, il canto più triste che mai il mondo udrà. Immutato, imperituro, ancora lo si canta in Valinor, inaudibile al mondo, e ad ascoltarlo i Valar si rattristano. Ché Lúthien intrecciò due temi di parole, quello del dolore degli Eldar e quello della pena degli uomini, le Due Stirpi che sono state fatte da Ilúvatar per dimorare in Arda, il Regno della Terra tra le innumerevoli stelle. E mentre gli stava inginocchiata davanti, le lacrime cadevano sui piedi di Mandos come pioggia sulle pietre; e Mandos fu mosso a pietà, come mai era stato prima, né mai è stato in seguito. 

 Mandos pose a Lúthien due sole alternative: dimorare sino alla fine del mondo tra i Valar, dimentica di tutte le sue sofferenze, oppure tornare nella Terra di Mezzo insieme a Beren, per abitarvi ancora, ma in questo modo sarebbe divenuta mortale e soggetta a un secondo decesso proprio come lui; e avrebbe lasciato il mondo per sempre e della sua bellezza sarebbe rimasta soltanto memoria nei canti. […] Fu questa la sorte che Lúthien scelse, voltando le spalle al Reame Beato e rinunciando a tutte le pretese di parentela con coloro che vi dimoravano; perché in tal modo, quale che fosse il dolore che potesse attenderli, i destini di Beren e Lúthien sarebbero stati uniti e i loro sentieri li avrebbero condotti assieme al di là dai confini del mondo

 La vicenda si conclude quindi in un modo dolceamaro: Lúthien tornò nel mondo insieme al suo amato Beren e i due divennero progenitori di una stirpe di Mezzelfi ma, unica tra tutti gli Eldalië, Lúthien morì per davvero, e già molto tempo fa ha abbandonato il mondo. 11 

 In una lettera, scritta dopo la morte della moglie, Tolkien confesserà: Non ho mai chiamato Edith Lúthien - ma era lei l'ispiratrice della storia che poi è diventata la parte principale del Silmarillion. È stata concepita per la prima volta in una piccola radura piena di cicuta a Roos nello Yorkshire (dove per qualche tempo fui comandato in una base della Guarnigione Humber nel 1917, e lei riuscì a venire a stare con me per un po'). In quei giorni i suoi capelli erano corvini, la sua pelle chiara, gli occhi più brillanti di quanto voi li abbiate mai visti, e sapeva cantare e ballare. Ma la storia è finita male, e io sono stato abbandonato e non posso invocare l'inesorabile Mandos.12 

 Sulla lapide di Tolkien e di sua moglie si legge: 

 EDITH  MARY TOLKIEN – LUTHIEN 1889 – 1971 

JOHN RONALD REUEL TOLKIEN – BEREN 1892 – 1973  

 10 Gli uomini morti, dopo la sosta presso le aule di Mandos, sono destinati a un aldilà non ben precisato ma di chiara matrice giudaico cristiana. Gli Elfi non moriranno finché il mondo non morirà. Essi possono allontanarsi dalla Terra di Mezzo a causa di un forte dolore o di una morte violenta ma questo significa per loro una sorta di esilio temporaneo, da cui possono fare ritorno. 

 11 J.R.R. Tolkien, "Silmarillon". 

 12 J.R.R. Tolkien, "Lettere".